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Pelikan M605 Marine Blue

Pelikan 605 Marine Blue - Special Edition Recensione di Phormula
 

Pelikan 605 Souveran Marine Blue

Per un appassionato di penne stilografiche è un marchio che non ha bisogno di presentazioni. Nel mondo della penna stilografica, Pelikan è l’equivalente di Bic, difficile trovare qualcuno che non ne abbia usata una, soprattutto tra chi ha scritto a penna (stilografica) nei più o meno lontani tempi della scuola.

Come si direbbe su Facebook, confesso di avere una “relazione complicata” con questo marchio. Tanti (ma tanti tanti) anni fa, quando frequentavo le scuole elementari, la maestra ci obbligava a scrivere con la penna stilografica. Fin qui non ci sarebbe nulla di male, anzi se ancora oggi utilizzo questo tipo di penna lo devo proprio al fatto di averlo fatto praticamente da sempre. Il guaio è che l’unica penna stilografica che si poteva usare era la Pelikan a cartucce, una penna scolastica che la cartoleria del paese vendeva in una sola variante di colore, il verde oliva, e con una sola misura di pennino, il medio. Altrettanto obbligata era la scelta dell’inchiostro, ovvero le cartucce blu di Pelikan 4001 Royal Blue. Qualsiasi deviazione dallo standard in classe era guardata con grande sospetto ed era un grosso rischio, se qualcosa fosse andato storto. Ho incominciato ad usare una penna che non fosse questa Pelikan quando sono arrivato alle medie, e un inchiostro che non fosse il 4001 Royal Blue alle superiori. Questa convivenza forzata con la Pelikan ha fatto si che per tanti anni io abbia volutamente ignorato le Pelikan ogni volta che mettevo piede in un negozio di penne. Per tutte le superiori e parte dell’università ho usato una mai troppo rimpianta Paper Mate, di quelle in metallo spazzolato garantite a vita, e in seguito ho allargato i miei orizzonti pennistici ad altri marchi, Faber Castell e Lamy in particolare, sempre saltando Pelikan a piè pari. Più o meno la stessa idiosincrasia l’ho sviluppata per l’inchiostro 4001 Royal Blue. Riconosco che questo mio atteggiamento razionalmente non avrebbe motivo di esistere, da una parte Pelikan produce ottime penne, da quelle scolastiche a quelle di pregio, dall’altra il 4001 blu è un inchiostro che se una penna non scrive bene con quello, ci si può quasi mettere la mano sul fuoco che il problema risiede nella penna e non nell’inchiostro. Oltre a costare poco, essere cancellabile con l’apposito eradicatore e non avere praticamente problemi, è un inchiostro che si trova in cartucce praticamente ovunque.

Tutto questo per dire che l’acquisto di questa Pelikan rappresenta una eccezione e non la regola. A convincermi è stato il colore e il fatto che si tratti di una serie limitata, non numerata ma disponibile per un periodo limitato di tempo.  Dovevo prendere la decisione prima che andasse esaurita. Marco, della Casa della Stilografica di Firenze, ci ha messo lo zampino, offrendomela in prova per questa recensione e lasciandomi la libertà di restituirgliela se, dopo averla recensita, non mi fossi trovato bene. In realtà le cose sono andate diversamente e alla fine ho deciso di tenermela, prendendo anche la sfera coordinata, come faccio per abitudine con quasi tutte le mie penne. Fosse stata una edizione regolare, sarei ancora qui a chiedermi se ordinarla o meno.


Estetica e design 9
Che si tratti di una penna di pregio lo si capisce fin dal cofanetto nel quale viene venduta, che contiene al suo interno un astuccio in pelle bianca, che si può usare come portapenne. Una confezione che la rende un oggetto ideale anche per un regalo. Una volta aperta la confezione ci si trova tra le mani la penna vera e propria. Si tratta di una serie speciale, realizzata in resina blu translucida, da cui il nome “Marine Blue”. Le finiture sono placcate in palladio e il pennino è in oro 14K. Nella documentazione ufficiale la casa afferma di aver voluto riprodurre in questa penna il colore dell’oceano. Non entro nel merito della discussione se ci siano riusciti o meno, per quel che mi riguarda la penna è di uno splendido blu, ulteriormente valorizzato dagli anelli placcati in palladio. Se dovessi pensare ad un colore che gli assomiglia, non posso che pensare al Pelikan 4001 Royal Blue, ovvero un blu scuro con una leggerissima componente porpora. Inutile dire che il fermaglio è a forma di becco di pellicano, il cappuccio reca il in pellicano simbolo della casa e un anello con la scritta “Pelikan Souveran Germany”. La chiusura del cappuccio è a vite, per svitarlo e riavvitarlo serve mezzo giro, abbastanza per evitare una apertura accidentale con la penna nel taschino, anche se avrei preferito un giro completo, per maggiore sicurezza. Il meccanismo di caricamento è a stantuffo. A differenza di Delta, che protegge la ghiera di azionamento del pistone sotto un controfondello, nella Pelikan la ghiera è integrata nella parte finale del fusto, separata dal cilindro da un anello, tuttavia l’azionamento offre una discreta resistenza, sufficiente ad evitarne il movimento accidentale, ad esempio infilando la penna in un portapenne.

E’ una bella penna, non c’è dubbio, e non stona anche nelle occasioni ufficiali. L’estetica delle M600 “normali” è un po’ troppo “seriosa” ed impegnativa per i miei gusti, ma questa 605 mi piace molto anche esteticamente. La tonalità di blu è sufficientemente scura, mentre il gioco di spessori, la presenza dell’inchiostro ed il meccanismo del stantuffo visibili in trasparenza rendono il colore non uniforme e lo fanno variare a seconda delle condizioni di illuminazione. Infatti la stilografica appare di una tonalità blu leggermente più scura rispetto alla sfera, semplicemente perché il refill in metallo lucido all’interno di quest’ultima riflette la luce e la fa sembrare più chiara. Forse l’aver voluto riprodurre il colore dell’oceano si riferisce proprio al fatto che, come il mare, il colore muta a seconda delle condizioni di illuminazione. Secondo me è una penna che va vista dal vivo prima di comprarla, possibilmente in buone condizioni di luce.


Realizzazione e qualità 9
Se non fosse stato per la scatola, complice la leggerezza, la mia prima impressione è stata quella di avere tra le mani una penna scolastica di fascia alta. Poi uno si ricorda che per comprarla ci vogliono oltre 300 Euro, che il pennino è in oro, il meccanismo di caricamento a stantuffo e le finiture sono placcate in palladio, che il marchio ha una tradizione alle spalle che sconfina nella leggenda, ed ecco che improvvisamente la penna torna ad occupare il posto che le compete, fregiandosi del nome “Souveran”, che contraddistingue la produzione di pregio della casa tedesca. La plastica di ottima qualità, accoppiamenti perfetti, linee di stampaggio praticamente invisibili e parti in metallo che sembrano essere realizzate per durare a lungo contribuiscono a creare l’immagine di prodotto di alta tecnologia germanica. L’unico mio dubbio riguarda la durata nel tempo della filettatura del tappo e del corpo, realizzate entrambe in plastica.


Peso e dimensioni 9
Oserei dire quasi ideali, per lo meno per me che non amo le penne troppo grandi e pesanti. Per quanto riguarda il peso,  siamo nel campo dei “pesi piuma”, ho misurato 18,5 grammi con il cappuccio e il pieno di inchiostro. Ci si può scrivere per ore senza stancare la mano. Se però uno ama le penne “di sostanza”, rischia di restare deluso, i 33 grammi della Montegrappa Nerouno sono lontani anni luce.  Per quanto riguarda le dimensioni, la lunghezza è 13,4 centimetri con il cappuccio e un centimetro in meno senza. L’impugnatura, di forma troncoconica, misura 9 mm nel punto di minor spessore. Dal mio punto di vista le dimensioni sono ideali e ricalcano quelle della maggior parte delle penne che ho usato nel corso degli anni. In particolare apprezzo il diametro ridotto dell’impugnatura, che mi consente un ottimo controllo del tratto. Un paio di grammi in più di peso non mi avrebbero cambiato la vita, infatti penso che la M600 e la M800 siano le penne della serie “Mxxx” più adatte a me, che trovo la M200 un po’ troppo piccola. La penna si può usare senza problemi anche con il cappuccio calzato, essendo molto leggero non corre il rischio di sbilanciarla. E’ solo una questione di gusti personali e di quanto uno possa temere che alla lunga possano restare dei segni sulla plastica.


Pennino e prestazioni 10 e lode
La mia penna monta un pennino in oro 14K di tratto fine, dotato di foro di sfiato. Chi conosce i pennini “di scuola tedesca” sa che sono più larghi della media e che quelli Pelikan lo sono ancora di più, complice il flusso abbondante. Infatti il tratto di questo fine è appena più largo di un pennino fine Faber Castell o Lamy, ovvero un medio, anche un po’ abbondante, per gli standard giapponesi. Per quel che mi riguarda, è la larghezza di tratto che preferisco, infatti mi sono trovato subito a mio agio.

Dopo il prelavaggio di rito, ho caricato la penna con Caran d’Ache Magnetic Blue e ho cominciato a scrivere. Mi sono fermato due ore dopo, e non perché avessi finito l’inchiostro. E’ un pennino rigido, come va di moda nelle penne di oggi, con una scorrevolezza invidiabile e un altrettanto invidiabile feedback. Complice l’impugnatura di larghezza per me ideale, la penna segue magnificamente i comandi delle mie dita e mi permette di scrivere con la mia calligrafia minuta. Se la Delta Dolce vita con la sua impugnatura abbondante, nelle mie mani risponde con la lentezza di una nave da crociera, questa Pelikan sembra uno strumento di precisione, quasi un bisturi per intervenire sulla carta. Non a caso la sto usando per prendere appunti che so di dover conservare a lungo, e che quindi voglio avere scritti con la migliore grafia possibile, nei limiti delle capacità del sottoscritto, che a volte scrive con la calligrafia di una “gallina con il Parkinson”. Come da tradizione della casa, il flusso è abbondante e permette di apprezzare al meglio le sfumature degli inchiostri ma rende la penna inadatta all’uso su carte scadenti, soprattutto se la si acquista con un pennino di misura dal medio in su. Unico “limite” (le virgolette sono intenzionali) è la tendenza a qualche salto di tratto quando si scrive su carta molto lucida (Rhodia o Clairefontaine), ma si sa che carta molto liscia e pennini “di burro” non vanno molto d’accordo e la colpa non è né dell’una né degli altri. Anzi, con questa Pelikan i salti sono veramente rari. Pennino ed alimentatore sono bilanciati in maniera perfetta, anche dopo un’ora e alcune pagine di scrittura continua, non si nota alcuna diminuzione del flusso, vero tallone d’Achille delle TWSBI. Inoltre il flusso non sembra essere particolarmente influenzato dal livello di riempimento del serbatoio, nonostante la grande capacità di quest’ultimo e, a differenza delle Delta, si può andare a secco senza la paura di trovarsi con le dita inchiostrate. Dal momento che amo particolarmente la tonalità del Caran d’Ache Magnetic Blue, oggetto di una recensione a parte, penso che lascerò questa penna caricata a permanenza con tale inchiostro.


Caricamento e manutenzione 10
Penso che sul meccanismo a stantuffo differenziato della Pelikan siano già stati scritti fiumi di parole. Per farla breve, questo meccanismo è stato introdotto nel 1929 ed è stato continuamente perfezionato, ma il meccanismo di base è rimasto lo stesso: due filettature differenti fanno si che il pistone contenuto nella stilografica ruoti più velocemente rispetto alla parte finale del fusto. Ormai è un classico e in questa sua ultima evoluzione funziona benissimo. Il movimento è molto fluido e con la giusta resistenza, che è indispensabile per evitarne l’azionamento accidentale, dal momento che la ghiera non è protetta da un tappo, come nelle Delta. Sono sufficienti un paio di azionamenti per riempire il serbatoio fino in fondo. Non che nel paio di settimane in cui ho usato questa penna abbia avuto bisogno di tante ricariche, ad occhio e croce direi che il serbatoio contiene circa l’equivalente di tre cartucce internazionali, sufficienti per scrivere almeno una ventina di pagine con la mia grafia fitta, nonostante il flusso sia sopra la media. In ogni caso il livello dell’inchiostro è facilmente visibile osservando la penna in controluce. Il meccanismo dello stantuffo è realizzato in plastica, ma mi aspetto che Pelikan abbia usato polimeri di qualità, tali da garantire l’affidabilità nel tempo che ci si aspetta da una penna di questo livello.


Qualità/Prezzo 8,5
Per averne una bisogna separarsi da almeno tre banconote da 100 Euro, che non sono bruscolini. In cambio ci si porta a casa una penna realizzata quasi interamente in plastica, e qualcuno potrebbe storcere il naso. Però, se si pongono sull’altro piatto della bilancia tutti gli aspetti positivi, sia quelli tangibili: pennino in oro 14K, caricamento a stantuffo, finiture placcate in palladio, materiali di qualità e assemblaggio curato, sia quelli intangibili, ovvero il fatto che è una Pelikan Souveran in edizione limitata e sopra a tutto questo si mette il fatto che è una penna che scrive benissimo e ha una autonomia di carica invidiabile, beh, direi che non è regalata ma è venduta al giusto prezzo.


Conclusioni 9
Made in Germany è da sempre sinonimo di qualità e precisione. Questa Pelikan è un ottimo prodotto di scuola germanica. Non ha l’appeal di una Delta o di una Montegrappa, anzi a prima vista sembra una penna più economica di quel che è. Però, una volta presa in mano, mi è stato difficile separarmene, nonostante la mia idiosincrasia per il marchio. E’ come se ci avessi scritto da sempre. Infatti ho deciso che non tornerà a Firenze al termine di questa prova. Ciononostante, concludo con le solite mie raccomandazioni, ovvero il consiglio di provare la penna prima di acquistarla. Leggerezza estrema, larghezza del tratto del pennino rispetto alle dimensioni dichiarate (il mio è un F che per molte altre case sarebbe un M) e flusso di inchiostro abbondante potrebbero non essere graditi a tutti, pur non essendo affatto dei difetti. Un grazie ancora a Marco per aver voluto sfidare la mia percezione di questo marchio, di fatto “obbligandomi” a recensire la penna, che a sua volta ha convinto me a farla restare sulla mia scrivania.

La recensione è pubblicata anche sul forum fountainpen.it : Pelikan M605 Marine Blue