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Recensioni di Simone Piccardi

Di seguito, diverse recensioni di uno dei più grandi intenditori di penne : Simone Piccardi ideatore ed amministratore di: http://www.penciclopedia.it/http://forum.fountainpen.it/index.php


- Recensione Lamy 2000 Steinless Steel
- Recensione stilografica TWSBI Diamond 540 + calamaio
- Recensione Sailor Shima-kuwa 100 Years
- Recensione stilografica Sailor 1911 Young
- Recensione Pelikan M101 Limited Edition
- Recensione Visconti Homo Sapiens Steel
- Recensione visconti Rembrandt con pennino Flex ed Italico
- Recensione Kaweco AC Sport
- Recensione Aurora 88 Black Demonstrator Limited Edition
- Recensione Kaweco Lilliput
- Recensione stilografiche Pilot Parallel Pen
- Recensione Waterman Edson
- Recensione stilografiche Nettuno Docet
- Recensione Visconti Opera Crystal e Typhoon





Recensione Lamy 2000 Steinless Steel

La Lamy 2000, introdotta sul mercato nel 1966, è uno dei pochissimi modelli di stilografica che può vantare di essere rimasto in produzione ininterrottamente per oltre 40 anni, secondo solo (se si escludono le maki-e a sigaro della Pilot) alla Montblanc 149.

Ma nonostante l’età faccia pensare ad un classico (ed in effetti la penna lo è senz’altro) la caratteristica che probabilmente la distingue di più è il design essenziale e minimalista di Gerd Müller, disegnatore appartenente al movimento della Bauhaus, che ha reso la Lamy 2000, con le sue linee semplici ed essenziali, una icona intramontabile della produzione di questa azienda, che da allora ha fatto di questi criteri di design una sua bandiera.

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Se non si fosse capito si tratta di una penna che mi piace moltissimo sul piano estetico e che per linee estetiche e progetto, risulta, nonostante la veneranda età, nettamente più moderna, attuale ed interessante del 99% della produzione contemporanea che continua a scimmiottare, con fortune alterne, le forme classiche del passato.

Per questo motivo sono rimasto immediatamente attratto dalla nuova versione uscita da poco, realizzata, al contrario dell’originale che era in acciaio e policarbonato, soltanto in acciaio satinato, e per questo denominata “stainless steel”. La penna mantiene infatti assolutamente identiche le forme (e sistema di caricamento a stantuffo) della versione ordinaria (che resta in produzione) e vi si affianca come possibile alternativa.

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Nonostante la realizzazione completa in metallo, che la rende più pesante, la Lamy 2000 stainless resta una penna perfettamente equilibrata sia con che senza cappuccio. La superficie satinata la rende molto gradevole al tatto ed assolutamente stabile nell’impugnatura. Le finiture sono semplicemente perfette, come la lavorazione del materiale.

La penna provata era dotata di un pennino (in oro platinato) di misura media, dotato di una straordinaria scorrevolezza. Nella scrittura ha fornito un flusso regolare e costante, senza nessuna perdita o salto. Inoltre il pennino è risultato essere molto gradevole nell’uso, con una buona risposta alle variazioni di pressione che lo rende, come si può notare nell’esempio di scrittura sottostante, quasi un demiflex.

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In sostanza si tratta di una penna elegantissima nella sua quasi brutale essenzialità; una essenzialità che potrà piacere o meno a seconda dei gusti, ma a cui si deve comunque riconoscere lo stato di classico. Una penna che ha segnato forse più di ogni altra il cambiamento di stile nella stilografica moderna.

Sul piano dei costi resta comunque una penna di fascia medio-alta, ma pienamente supportata dalla qualità ineccepibile di materiale e lavorazione. Inoltre non posso fare a meno di apprezzare per l’n-sima volta la coerenza di Lamy nel produrre penne destinate all’uso, rifuggendo totalmente dalle sirene delle edizioni limitate.

Come al solito riassumo il giudizio con il consueto (e quasi consunto) rituale dei voti. Come al solito è da prendere con beneficio d’inventario…
  • aspetto: 10 (stile originalissimo e ancor oggi avanti ai tempi)
  • scrittura: 8.0 (flusso scorrevolissimo, peccato per il medio)
  • sistema di caricamento: 9.0 (un funzionale stantuffo)
  • qualità/prezzo: 7.5 (penna non molto economica ma di sicuro valore)

Come sempre si ringraziano gli amici della Casa della Stilografica che han messo a disposizione l’esemplare della penna con cui sono state eseguite le prove di scrittura ed hanno fornito le fotografie della stessa usate nell’articolo.

Simone Piccardi



Recensione TWSBI Diamond 540



Avevo sentito parlare di questa penna a lungo, e mi aveva interessato da subito per l’approccio usato nella sua realizzazione (consultare gli utenti in rete per avere indicazioni e preferenze). Il risultato direi è stato ottimo, dato che ero andato alla Casa della Stilografica per far darci un’occhiata ravvicinata ed invece di fare le solite prove me la sono portata via, ed erano un paio d’anni che non compravo una penna moderna.

Fa senz’altro gioco il prezzo, intorno ai 60 euro, che per una penna a stantuffo è senz’altro il più basso della categoria.
Ma se fosse stata solo una questione di prezzo non sarebbe stato sufficiente.
La penna infatti pur non avendo linee particolarmente innovative o rivoluzionarie, ha comunque un’estetica gradevole, ma soprattutto presenta una qualità costruttiva veramente impeccabile.

La Diamond 540 è l’evoluzione della precedente 530 che già aveva ottenuto un ottimo successo, è praticamente identica, con piccoli miglioramenti (la prima versione aveva dei difetti di giovinezza nello stantuffo e nei materiali, curati comunque a spese del produttore) frutto dell’esperienza maturata.

Calamaio TWSBI Diamond:
  Calamaio TWSBI
 

Si tratta di una penna di grandi dimensioni (di poco inferiori a quelle di una Pelikan M1000) con un serbatoio molto capiente, sia per il notevole diametro del corpo, che per l’estensione del pistone. Inoltre si può ottenere un caricamento ancora più completo grazie al calamaio fornito a parte, che consente di caricare direttamente la penna dal corpo svitando la sezione ed evitando il solito problema (e relativo spreco) di dover ripulire il pennino dagli eccessi di inchiostro.

Pur non essendo realizzata in fantomatiche resine preziose (che sempre plastica sono) ma in economico ma robustissimo policarbonato, le finiture sono ineccepibili: la penna da una impressione di grande solidità, anche per gli spessori dei materiali, che si trovano solo su penne di una fascia di prezzo molto più alta. Una solidità poi confermata dai fatti: neanche un graffio nonostante l’abbia scaraventata sul pavimento…

Dal punto di vista stilistico la penna riprende delle linee tradizionali, abbastanza simili a quelle di una Pelikan della serie MX00, ma ho trovato inoltre molto interessante la realizzazione del corpo con sfaccettature romboidali che pur mantenendo una sezione sostanzialmente cilindrica danno una impressione di curvatura delle linee, oltre all’evitare lo scivolamento della penna dalla scrivania.

La scelta della plastica trasparente può piacere o meno (ma sono disponibili anche versioni colorate più opache) ma trovo comunque valida l’idea di mostrare gli interni di una penna che può essere smontata completamente grazie anche alla chiavetta allegata (si trova all’intero del rientro della scatola). Un approccio questo molto interessante che consente di provvedere da soli, con un minimo di pratica, alla manutenzione completa della penna senza dover passare da complessi (e spesso anche costosi) centri di assistenza.

Test scrittura Twisbi Diamond 540
Test scrittura stilografica Twisbi Diamond 540

Ma i vantaggi di costo basso e buona qualità costruttiva significano poco se manca la qualità principale di una penna, quella nella scrittura.
Ma anche su questo aspetto la TWSBI 540 si comporta ottimamente. Ho comprato un extrafine, che pur non essendo ipersottile come potrebbe essere un Sailor, si comporta comunque molto bene, fornendo un tratto sottile con un flusso equilibrato ed una scorrevolezza ottima.
Inoltre in quasi una settimana di utilizzo la penna si è sempre dimostrata pronta a scrivere, senza nessuna incertezza nell’avvio.
Riprendo ancora una volta il rituale dei voti, sottolineando come sempre la natura forzatamente soggettiva degli stessi, e la necessità di non tenerne conto più di tanto:

  • aspetto: 8.0 (interessante il corpo sfaccettato)
  • scrittura: 9.0 (comoda, scorrevole e fine per davvero)
  • sistema di caricamento: 9.0 (uno stantuffo con grande capacità)
  • qualità/prezzo: 10.0 (qualità da penne di fascia alta su una economica)

Per concludere si tratta di una penna esteticamente gradevole, con un sistema di caricamento ben realizzato ed una qualità costruttiva ineccepibile ad un prezzo assolutamente concorrenziale, per raggiungere questo livello con altre marche occorre comprare penne con pennino in oro e spendere 4/5 volte tanto, con risultati non sempre allo stesso livello.

Si ringraziano gli amici della Casa della Stilografica, oltre che per la solita disponibilità e gentilezza, per aver fornito le fotografie usate nell’articolo.

Simone Piccardi
 




Sailor Shimakuwa Limited edition

In genere le edizioni limitate non mi interessano, ma in questo caso farò una eccezione per due motivi.
Il primo è la relativa eccezionalità dell’evento che la giustifica, un centenario, cosa che non capita molto spesso per produttori attivi sul mercato.
Il secondo è la particolarità della penna, che presenta un maki-e con lacca trasparente su legno, che nella mia profonda ignoranza neanche sapevo esistesse.

Il centenario è quella della Sailor, una delle più importanti aziende giapponesi produttrice di penne stilografiche,  che venne fondata il 27 Maggio del 1911 da Kyugoro Sakata con il nome di Sakata Seisakusho Co. a Koze, una città portuale nella regione di Hiroshima. La Sailor si è sempre distinta da allora specialmente per la straordinaria qualità dei propri pennini, che oggi sono senza dubbio fra i migliori in circolazione.


Una penna stilografica Sailor Shima-Kuwa 100 Years

L’azienda pare aver deciso di festeggiare il proprio centenario producendo una penna per la quale l’aggettivo forse più adatto è “imponente”.
La penna infatti è molto grande, lunga 15cm senza cappuccio, ed oltre 16 chiusa.
A differenza della gran parte delle edizioni limitate la linea è semplice e lineare, senza indulgenze alle pacchianerie che spesso si trovano su questo tipo di penne.
La sensazione di imponenza viene rafforzata da un confezionamento che prevede una scatola di legno laccata e decorata anche essa in maki-e, che riporta in rilievo dorato l’immagine degli stabilimenti, ed una custodia in seta realizzata con la lavorazione tradizionale della regione di Ishikawa denominata Ushikubi–Tsumugi.



Corpo e cappuccio sono realizzati con una essenza di legno di gelso dell’isola di Mikurajima (chiamato “Shima Kuwa” da cui il nome della penna) che è molto rara per il colore dorato ed il tipo di venature, tanto che viene anche chiamato gelso d’oro ed utilizzato fin dall’epoca Edo come materiale pregiato lavorato soltanto da artigiani specializzati.

La lavorazione del legno è inoltre a sua volta molto elaborata, e fa ricorso ad una delle tante tecniche tradizionali di laccatura giapponese chiamata Fuki Urushi, utilizzata appunto per dare il massimo risalto alla struttura del legno.
La laccatura (che nel caso è stata eseguita da un singolo artigiano) prevede che il singolo pezzo sia prima coperto di lacca e poi fatto essiccare dopo aver asportato i residui con un panno.
Operazione che viene ripetuta per almeno 15 volte.

A questa lavorazione, che rende il legno totalmente impermeabile e ne esalta i colori, si aggiunge una decorazione maki-e con polvere d’oro eseguita sul bordo del cappuccio, che riporta la cifra del centenario in un disegno di ghirigori.
La clip riporta nella parte superiore una sagomatura a forma di ancora, che riprende il logo usato dall’azienda che si ritrova anche sulla boccetta di inchiostro, sulla custodia e sul panno di pulizia della confezione.

Viste le notevoli dimensioni la penna deve essere usata senza cappuccio, e per evitare equivoci l’azienda ha fatto sì che questo non possa neanche essere calzato sul fondo.
Nell’uso la penna risulta comunque ben equilibrata, ed il pennino, un 21 carati di grandi dimensioni scrive con quella meravigliosa scorrevolezza che è la caratteristica di tutta la produzione Sailor.
Unico appunto tecnico è quello relativo alla scelta del caricamento a cartuccia, ed anche se il converter fornito con la penna è una produzione specifica per questo modello, su penne di questa importanza e questo costo avrei trovato più appropriato qualcosa di più consistente.

Trattandosi di una edizione limitata (che con 1000 esemplari si può considerare effettivamente tale) e con l’uso di materiali pregiati e lavorazioni artigianali complesse, il costo risulta essere ovviamente molto alto (il prezzo in Giappone pare essere intorno ai 160,000 Yen, da noi sarà probabilmente ancora più alto per i costi dell’esportazione), ma è chiaramente una penna orientata a quel tipo di mercato.

Di certo la qualità della penna è di altissimo livello, ed i materiali si distinguono nettamente dalle ordinarie resine plastiche che vengono usate da altri produttori anche per le loro edizioni limitate, ma se e quanto il prezzo sia adeguato lascio deciderlo a chi può essere interessato a questo tipo di penne, per cui nel solito rituale dei voti lascerò inespresso quello relativo al rapporto qualità/prezzo:

  • aspetto: 8.5 (semplice e lineare nelle forma, molto bello il legno)
  • scrittura: 9.5 (superscorrevole Sailor, peccato fosse un medio)
  • sistema di caricamento: 6.0 (una ordinaria cartuccia/converter)
  • qualità/prezzo: non espresso

Personalmente resto completamente disinteressato rispetto a tutte le edizioni limitate, compresa questa, ma riconosco comunque che in questo caso si tratta di una penna di sostanza, e legata ad una ricorrenza non proprio ordinaria, per cui mi permetto di segnalarla a fosse interessato a questo settore di mercato.

Al solito si ringraziano gli amici della Casa della Stilografica per aver messo a disposizione la penna e la confezione fotografate e per aver fornito le altre fotografie del modello dal loro sito.

Simone Piccardi



 

Recensione Sailor stilografica 1911 Young

Dopo aver trattatto una penna di fascia media, ed una edizione limitata mi è capitato di poter mettere le mani anche su una Sailor di fascia economica, il modello Young, che mi è parsa molto interessante, per cui voglio chiudere le recensioni prima delle ferie estive con un ultimo tributo all’azienda che quest’anno celebra il suo centenario.


Una stilografica Sailor 1911 Young

La Young è una penna in resina plastica con pennino in acciaio che appartiene alla fascia più alta della produzione economica (il prezzo iva compresa si aggira sui 70 euro), e si presenta pertanto come una penna di ottima qualità con linee piuttosto semplici ma, per i miei gusti, eleganti. Il caricamento è il solito cartuccia/converter che in questa fascia di prezzo (Pelikan 150/200 a parte) è praticamente l’unica opzione disponibile.

La penna è abbastanza sottile e molto leggera, si impugna bene ed è molto equilibrata sia con che senza cappuccio, anche se la mia preferenza va all’uso col cappuccio calzato.
L’esemplare provato, di colore nero con finiture cromate, era dotato di un pennino fine che, nel rispetto della tradizione Sailor, scrive con una scorrevolezza invidiabile (anche se forse un filo minore rispetto al pennino in oro della sua sorella maggiore).

Al solito la penna è estremamente precisa, e come comune nella produzione giapponese, il fine è fine per davvero (su una italiana sarebbe un extrafine) e ci si può sbizzarrire a scrivere vere e proprie miniature (nel senso delle dimensioni).
Nonostante questo la scrittura non risente nessun problema e la penna scorre liscia senza grattare, cosa che purtroppo non si può dire di pennini di spessore equivalente delle marche europee.

Test scrittura Sailor Young

Test di scrittura di una Sailor Young

Riassumendo col solito rituale dei voti, che non mi stancherò mai di ripetere devono essere semplicemente considerati una espressione numerica dei gusti dello scrivente, direi:

  • aspetto: 8.0 (linea semplice ed elegante, ottime finiture)
  • scrittura: 9.0  (comoda e  scorrevole nonostante la notevole finezza)
  • sistema di caricamento: 6 (ordinario cartuccia/converter)
  • qualità/prezzo: 8.5 (costo adeguato al tipo di penna)

In sostanza una penna di buona qualità con un prezzo onesto e più che adeaguato al tipo di oggetto. Sicuramente si tratta un prodotto adeguatissimo all’uso quotidiano.

Si ringraziano gli amici della Casa della Stilografica per aver messo a disposizione l’esemplare della penna con cui sono state eseguite le prove di scrittura e per aver fornito la fotografia usata nell’articolo.


 

Recensione stilografica Pelikan M101N

Fra i produttori storici ancora presenti sul mercato, la Pelikan pare essere l’unica a voler prendere molto sul serio la sua storia passata, e già in precedenti occasioni si è distinta per una riedizione molto fedele agli originali di alcuni suoi modelli storici (nel caso la 100 e la 110).

Una Pelikan 101N antica

Una Pelikan 101N antica

Quella esaminata in questa recensione è un’altra riedizione, anch’essa estremamente fedele all’originale, di un modello successivo, la 100N. Si tratta di un modello che iniziò ad essere prodotto dal 1937 e presenta delle forme più stondate rispetto al predecessore 100 (la N infatti sta per nuovo) maggiormente adeguate al cambiamento di gusti verificatosi nel pubblico fin dall’inizio degli anni ’30. Delle varianti prodotte, quelle dotate di estremità rosse e celluloide tartarugata vennero denominate 101N. Un esempio di una versione antica è riportato nella fotografia precedente (l’esemplare differisce per la testa del cappuccio).

Una Pelikan-M-101N

La riedizione, denominata M101N riprende sia forma che dimensioni che colori della versione originale (ad essere precisi un colore, quello tartarugato, la 101N venne prodotta in diverse varianti). Pertanto risulta essere una penna  di dimensioni medio/piccole, e relativamente corta, specie se chiusa, ma con il cappuccio calzato la lunghezza diventa analoga a quella di altri modelli (12.25 cm simile a quella che avrebbe una M400). Nonostante la dimensione possa sembrare ridotta la penna è estremamente maneggevole e perfettamente equilibrata in tutte le condizioni.

La 101N era in ebanite rosso-bruno per le estremità di corpo e cappuccio e per la sezione pennino,  mentre erano di celluloide color tartaruga la fascia decorativa e il cappuccio e di celluloide trasparente verde la parte finale del serbatoio. Nella riedizione detti materiali sono stati sostituiti da una moderna resina plastica mantenendo fedelmente i colori, per cui l’effetto cromatico resta lo stesso, con tutta l’eleganza che ha reso questo modello uno dei miei preferiti in assoluto nella produzione Pelikan. La riproduzione resta fedele fin nei più piccoli particolari, comprese le incisioni sul pennino che sono le stesse del modelli del 1937.

La penna è dotata, come la gran parte della produzione dell’azienda (e come l’originale) di quel caricamento a stantuffo che venne lanciato sul mercato nel 1929 proprio dalla Pelikan e che resta caratteristica distintiva di questa azienda. Questo le consente una notevole capacità di inchiostro, ben superiore a qualunque penna, anche di dimensioni maggiori, con caricamento a cartuccia.

Test scrittura Pelikan 101N

Un test di scrittura con una stilografica Pelikan 101N

Nella scrittura la penna si dimostra perfettamente scorrevole, l’esemplare era dotato di un pennino medio, con un flusso molto abbondante che lo rende simile ad un broad. Pur essendo rigido la sensazione di scrittura è molto piacevole, e anche se non ci sono variazioni di tratto significative il pennino risponde bene alla pressione senza impuntature, cosa che mi spinge a classificarlo come “molleggiato” (vedi http://www.fountainpen.it/Pennino).

La penna ha un prezzo di listino di 350 euro (ma si trova tranquillamente a prezzi al di sotto dei 300 325); non posso che esprimere il mio più vivo apprezzamento per il fatto che Pelikan abbia scelto, a differenza di quanto fatto con le precedenti riedizioni, di non fare una produzione limitata, cosa che avrebbe fatto lievitare il prezzo.

Come nelle altre recensioni mi piego al rituale del giudizio espresso in voti, e come sempre invito il lettore a prenderli con la dovuta cautela, dato che derivano dagli opinabilissimi gusti personali del sottoscritto:

  • aspetto: 9.0 (non sarà originale, ma è grande classico)
  • scrittura: 8.5 (comoda e  scorrevole, ma troppo spessa per i miei gusti)
  • sistema di caricamento: 9.5 (stantuffo: funzionale e con tanto inchiostro)
  • qualità/prezzo: 9.0 (costo più che adeguato al tipo di penna)

In conclusione si tratta di una penna di assoluto rilievo, molto bella ed adattissima all’uso di tutti i giorni, ad un prezzo che se non è certamente economico è comunque adeguato al tipo di oggetto, ed assolutamente concorrenziale nei confronti dei prodotti dei concorrenti.  Personalmente mi è molto piaciuta e a volergli trovare un difetto per forza posso solo lamentarmi che non sia possibile averla con un pennino flessibile.

Al solito si ringraziano gli amici della Casa della Stilografica per aver messo a disposizione la penna con cui sono state eseguite le prove di scrittura e per aver fornito la fotografia del modello usata nell’articolo e Roberto (utente robertov del forum di FountainPen.it) per la foto dell’esemplare antico.

Simone Piccardi

 

 

Recensione stilografica Visconti Homo Sapiens

La penna stilografica Homo Sapiens della Visconti è senz’altro una delle penne più interessanti uscite negli ultimi anni.
La penna infatti si contraddistingue per una lunga serie di caratteristiche innovative, a partire dal materiale del corpo, una resina plastica speciale costriuta con lava basaltica, che conferisce alla penna oltre ad una notevole robustezza anche una senzazione al tatto di “asciuttezza” assolutamente unica con un grande risultato in termini di stabilità della presa senza ricorrere alla sgradevolezza di una superficie ruvida o gommosa.
Una verà novità rispetto alla molto più comune riproposizione in salsa moderna di vari sostituti della celluloide, che dimostra che anche nel campo dei materiali è possibile davvero creare qualcosa di nuovo.

Homo Sapiens Steel Visconti

 

Altrettanto innovativa ed interessate è la chiusura a “baionetta” del cappuccio, sicuramente una delle più stabili mai realizzate (è praticamente impossibile che il cappuccio si sviti o si stacchi accidentalmente), ma anche assolutamente comoda e semplice da usare. Una caratteristica interessante, anche se non strettamente una novità assoluta come le precedenti  (la prima versione è stata realizzata dalla Onoto nel 1905)  è il sistema di caricamento a siringa rovesciata anche se l’esemplare che ho provato era la versione “slim” equipaggiata con un più comune, ma comunque valido, caricamento a stantuffo.

Stilisticamente la penna presenta delle forme molto semplici e pulite, migliori a mio avviso di quelle della sorella maggiore con gli anelli in bronzo anche sul corpo, che spezzando un po’ le linee dello stesso mi piacciono meno, anche se il contrasto di colore risulta senz’altro più gradevole in quel caso. Inoltre dopo averle prese in mano entrambe devo dire che nonostante le dimensioni leggermente inferiori la “slim” risulta altrettanto meneggevole della sorella maggiore, se non di più grazie anche al peso inferiore.
 

Test scrittura Homo Sapiens

Test scrittura Homo Sapiens Steel

Pur essendo una penna molto innovativa la Homo Sapiens ha ricevuto molte critiche, in particolare per la qualità di scrittura e l’uso di un pennino in palladio anziché in oro. In entrambi i casi devo dire che per quanto riguarda la mia esperienza queste critiche sono risultate del tutto infondate.

In particolare il pennino in palladio si è rivelato una gradevolissima sorpresa, un fine flessibile, unico fra quelli che mi sia capitato di provare nelle penne moderne, che si avvicina davvero alla flessibilità di un antico, ponendosi parecchie spanne al di sopra dei concorrenti che ho provato in altre recensioni.
Ma oltre che flessibile il pennino si è dimostrato pure straordinariamente scorrevole e morbido, con la penna che scrive, come tutte dovrebbero fare, anche quando viene solo appoggiata sul foglio senza applicare nessuna pressione, e che risponde con prontezza alle variazioni del tratto.

Unico difetto, ma solo per i miei gusti, è che le dimensioni da fine europeo (cioè tendenti al medio) unite ad un flusso piuttosto generoso, rendono il tratto di base un po’ troppo largo, e con questo riducono anche il risalto delle possibili variazioni ottenibili grazie alla sua ottima flessibilità. Il mio maggiore auspicio a questo punto è che venga prodotta anche una versione extrafine.

Al solito il rituale, forse un po’ stantio, ma purtroppo obbligato, dei voti:

  • aspetto: 8.0 (linea semplice, ottime finiture)
  • scrittura: 9.5 (fosse più fine meriterebbe il 10)
  • sistema di caricamento: 8.5 (il classico stantuffo)
  • qualità/prezzo: 9.0 (molto buono visto i materiali e le lavorazioni innovative)

In definitiva si tratta di una penna certo non della fascia economica, ma comunque con un prezzo più che ragionevole, assolutamente adeguato alla qualità dell’oggetto, specie considerando l’altissimo tasso di innovazione che contiene.

Come sempre si ringraziano gli amici della Casa della Stilografica per aver messo a disposizione l’esemplare della penna con cui sono state eseguite le prove di scrittura e per aver fornito le fotografie usate nell’articolo.

Simone Piccardi

 

 

Recensione Visconti Rembrandt con pennino flessibile ed italico

Grazie agli amici della Casa della Stilografica, che devo ringraziare ancora una volta per la loro gentilezza e disponibilità, ho potuto provare un paio di prototipi di pennino in acciaio che potrebbero essere proposti in futuro per la Rembrandt della Visconti.

Pennino

Il pennino "italic" per la Visconti Rembrandt

Trattandosi di prototipi ovviamente il giudizio non può che essere parziale, dato che non è detto che in una eventuale commercializzazione futura essi rimangano esattamente gli stessi.
Per questo più che di una recensione con tanto di voti e giudizi mi limiterò a riportare delle impressioni d’uso e qualche suggerimento.

Il primo dei due prototipi è un pennino tagliato (italic) veramente ampio, la sezione infatti è all’incirca di 1.5mm, cosa che consente di ottenere dei tratti di spessore notevole, come mostrato nella figura seguente.
Il pennino è molto scorrevole, ed il flusso abbondante. Inoltre è dotato di una leggera flessibilità che con un pressione consente di allargare ulteriormente il tratto.
Di tutte le stilografiche che ho provato (anche se il campione non è molto significativo dato che preferisco i fini) quella con questo pennino si è senza dubbio dimostrata quella con il tratto più ampio













 

Se si può fare un appunto alla penna è però che, nonostante il flusso sia abbondante, se si scrive molto rapidamente (come è purtroppo mia abitudine) si rischiano dei salti.
Per un uso calligrafico (in cui la prima regola è andare piano) questo non dovrebbe costituire un problema, ma trattandosi di un prototipo il mio primo suggerimento prima della commercializzazione è di cercare di migliorare ulteriormente la gestione del flusso con l’alimentatore per venire incontro anche agli impazienti come me.
 

Prototipo di pennino flessibile Visconti

Prototipo di pennino flessibile Visconti

Il secondo prototipo di pennino provato è invece un flessibile in metallo, dotato di una costruzione molto particolare con un doppio foro di alimentazione. Il pennino, raffigurato nella foto a fianco, si è dimostrato estremamente scorrevole, con un flusso corposo ma non esagerato, ed in questo caso senza nessun problema di salti anche scrivendo molto velocemente.

Lo spessore di partenza però, essendo una misura media, (la casa dichiara un tratto di 0.7mm che non è certo propriamente un fine) è di suo abbastanza largo, per cui le variazioni del tratto, anche se presenti, come si può constatare dalla prova di scrittura riportata nell’immagine seguente, sono purtroppo limitate, visto che si parte comunque da una base già piuttosto ampia.



Infine il pennino più che come flessibile si può classificare (secondo i miei opinibilissimi criteri personali) come un demi-flex, e richiede comunque di applicare una certa pressione nello scrivere se si vuole allargare il tratto.
Anche in questo caso se mi posso permettere di dare un suggerimento alla casa, è di partire con uno spessore iniziale più sottile, e di provare ad aumentare la flessibilità.

Nonostante gli appunti fatti, devo comunque riconoscere alla Visconti il merito di cercare di percorrere nuove strade anche nel campo dei pennini.
Spero davvero che dai prototipi si possa passare alla realizzazione, e che questo sia un altro passo perché finalmente si riesca a ritrovare anche nella produzione di penne moderne, quel piacere della scrittura con un vero flessibile, che al momento è possibile solo con i modelli antichi.

Simone Piccardi

 

 

Recensione Kaweco AC Sport di Simone Piccardi

La Kaweco, fondata ad Heidelberg nel 1883, è una delle più antiche aziende tedesche attiva nella produzione di stilografiche (il cui inizio viene fatto risalire al 1892) superata per anzianità soltanto dalla Soennecken.

Benché la Kaweco sia poco conosciuta nel panorama italiano, dove si sente parlare quasi esclusivamente di Pelikan e Montblanc, l’azienda ha una storia molto interessante e travagliata, che vede l’acquisizione di un produttore di pennini americano, un fallimento nel 1929 per l’incapacità di adeguarsi all’uso di nuovi materiali, l’incorporazione e la rinascita in seno ad una concorrente produttrice di modelli economici, fino alla definitiva chiusura nel 1981.

Nel 1995 però il marchio e tutti gli assetti restanti della Kaweco sono stati rilevata da una nuova azienda (gestita da un appassionato collezionista della ditta originale) ed è stata ripresa la riedizione dei modelli storici dell’azienda.

Fra questi probabilmente il più famoso è il modello Sport, nato nel 1935, caratterizzato da una sezione ottagonale e dalla particolare costruzione costituita da un cappuccio molto lungo che si avvita sulla parte terminale del corpo, per far sì che la penna risulti da chiusa molto corta (inferiore ai 10 cm). Il modello veniva venduto abbinato ad una matita meccanica delle stesse dimensioni in una confezione di pelle da portare in tasca.

Nonostante la sua dimensione estremamente ridotta da chiusa, montando il cappuccio sul fondello della penna la lunghezza diventa normale e la penna risultava pertanto molto comoda da usare pur occupando uno spazio ridotto ed essendo molto facile da trasportare in giro. Per questo motivo veniva pubblicizzata come penna per gli sportivi ed ottenne un notevole successo.

Una Kaweco AC Sport Nera

Da allora l’idea di una penna di dimensioni compatte, che con il cappuccio calzato assumesse dimensioni normali, è stata ripresa molte volte, e benché esistano vari esempi dello stesso concetto anche da parte di altri produttori, la Sport viene considerata come il modello più significativo ad aver adottato questa soluzione.

La riedizione moderna che prendiamo in considerazione in questa recensione ripropone una penna che ricalca abbastanza da vicino le linee originali (ed in particolare la sezione ottagonale del cappuccio), con una forte innovazione dei materiali, con il passaggio dalla celluloide ad una robustissima costruzione in alluminio satinato e fibra di carbonio. La penna è disponibile in due colori, il nero della figura precedente, ed il rosso con inserti neri.





La costruzione è di ottima qualità e la penna risulta molto robusta e ben rifinita. L’uso degli inserti in fibra di carbonio rende la linea più moderna.
Il caricamento è a cartuccia/converter come la gran parte delle penne moderne (un passo indietro però rispetto allo stantuffo usato sulle versioni antiche).
Il pennino è in acciaio, ed il medio provato si è dimostrato estremamente scorrevole e con un flusso equilibrato tendente all’abbondante.

Esempio di scrittura Kaweco AC Sport

Esempio di scrittura con penna stilografica  KawecoSport

La penna ovviamente per essere ben equilibrata deve essere usata con cappuccio calzato, ma si riesce a scrivere decentemente anche senza. Come accennato la scrittura è scorrevolissima, se ne è riportato un esempio nella figura precedente. Alla fine la penna risulta assolutamente pratica e funzionale, e visto i materiali sicuramente molto più pregiati rispetto alle solite plastiche delle penne di fascia equivalente, viene proposta ad un prezzo competitivo.

Concludo col solito rituale dei voti, che come sempre altro non sono che un tentativo di espressione in numeri dei gusti dello scrivente, e pertanto assolutamente opinabili:

  • aspetto: 8.0 (linea semplice, ottime finiture)
  • scrittura: 8.5  (comoda e  scorrevolissima)
  • sistema di caricamento: 6 (ordinario cartuccia/converter)
  • qualità/prezzo: 9 (molto buono visto i materiali impiegati)

In sostanza una penna di buona qualità con un prezzo onesto e molto pratica, adattissima all’uso quotidiano.

Si ringraziano gli amici della Casa della Stilografica per aver messo a disposizione l’esemplare della penna con cui sono state eseguite le prove di scrittura e per aver fornito la fotografia usata nell’articolo.

Simone Piccardi


 

- Recensione Aurora 88 Black Demonstrator di Simone Piccardi

Negli ultimi tempi sembra essersi diffusa in maniera abbastanza ampia un tendenza stilistica che porta a privilegiare la produzione di penne con il corpo trasparente, per le quali è possibile vedere i dettagli del meccanismo di funzionamento. Spesso si fa riferimento a questo stile con il nome anglosassone di “demonstrator” dato che questo tipo di modelli venivano un tempo creati come oggetti promozionali, da dare ai rappresentati per illustrare ai clienti i meccanismi di funzionamento delle stesse. Delle penne “dimostrative“, appunto.

A causa della loro rarità, almeno nei modelli d’epoca, le versioni demonstrator sono in genere molto ricercate dai collezionisti e raggiungono prezzi talvolta elevatissimi, e forse c’è in parte anche questo aspetto (come obiettivo neanche tanto recondito visto certi prezzi) nella fioritura attuale di questi modelli, che però di dimostrativo hanno ben poco, essendo in questo penne prodotte per la vendita e l’uso comune, come i modelli normali.

Nonostante questo una penna che mostra tutti i propri dettagli interni pare avere un fascino tutto suo, che evidentemente viene apprezzato dagli acquirenti, dato che molte aziende hanno prodotto versioni trasparenti dei propri modelli più importanti. Personalmente non sono un particolare estimatore di questo tipo di estetica, ma neanche la trovo sgradevole come invece pare risultare a qualcuno.


Aurora 88 Black Demonstrator

Fra le varie penne demonstator che ho visto devo dire però che la penna oggetto di questa recensione, la Aurora 88 Black Demonstrator, risulta quella che mi ha colpito di più sul piano visivo.
Si tratta infatti di una penna in plexiglas con finiture in acciaio brunito nero, ed anche, cosa assai più complessa da ottenere, con un pennino in oro 18 carati dello stesso colore.
L’aspetto complessivo potrà piacere o meno (e devo dire che a me piace), ma non si può non riconoscere che è di sicuro impatto e che qualità della lavorazione, in particolare della brunitura, è superlativa.

Per il resto si tratta di un modello, l’Aurora 88, di sicuro valore, erede (sia pure con notevoli differenze) di quella che probabilmente è stata la penna italiana più venduta di sempre.
Le linee sono quelle classiche affusolate dell’originale, ma in questo caso il pennino è normale e non coperto come nella versione del 1947. La penna è di dimensioni generose ma non esagerate, perfettamente equilibrata, e utilizzabile benissimo sia con che senza cappuccio.

 

Nel test di scrittura il pennino, rigido, si è dimostrato estremamente scorrevole, con una grande piacevolezza di scrittura, che si avvicina parecchio a quella dei concorrenti giapponesi.
Il flusso era corretto e preciso e senza nessuna incertezza. Pur essendomi limitato ad una prova per intinzione l’impressione è stata davvero molto positiva, ed il fine, pur non essendo sottilissimo, si è comunque dimostrato tale.

Alla fine si tratta di una penna di grande impatto visivo ed ottima qualità, se devo trovargli un difetto posso solo dire che è una edizione limitata e per questo di un costo non trascurabile.
Ma a differenza di tante edizioni limitate che si vedono oggi, non sono stati aggiunti orpelli inutili o decorazioni pacchiane.

Concludo con il solito rituale dei voti, al solito indicativi  più che altro delle preferenze e gusti personali del recensore:

  • aspetto: 8.5 (linea classica, finiture e lavorazione di qualità assoluta)
  • scrittura: 8.5 (molto scorrevole e con flusso corretto)
  • sistema di caricamento: 9.0 (il classico stantuffo e con la riserva magica Aurora)
  • qualità/prezzo: 7.5 (non economico, da edizione limitata)

In definitiva si tratta di una penna classica nelle forme ma molto originale nel contrasto cromatico fra il nero brunito delle parti metalliche e dei meccanismo interni ed il trasparente del corpo e del cappuccio, di assoluta qualità realizzativa e che scrive in maniera eccellente. Peccato che sia una edizione limitata…

Come sempre si ringraziano gli amici della Casa della Stilografica per aver messo a disposizione l’esemplare della penna con cui sono state eseguite le prove di scrittura e per aver fornito le fotografie usate nell’articolo.

Simone Piccardi




- Recensione Kaweco Lilliput di Simone Piccardi

La Kaweco è una delle aziende produttrici di stilografiche più antiche di Europa ed in Germania ha una storia che è seconda solo a quella della Soennecken.
Purtroppo come per quest’ultima, l’azienda subì in maniera pesantissima la crisi dovuta al successo della penna a sfera sparendo dal mercato, per poi essere riportata in vita negli anni recenti.

A differenza di molte altre operazioni di “resurrezione” di marchi storici, che han portato alla produzione di costosissime penne in edizioni limitate, o produzioni ad altissimo tasso di pacchianeria, la Kaweco sembra essersi orientata da subito ad una riproposizione dei suoi modelli classici, rielaborati per l’uso di materiali modeni, orientati però, come gli originali, all’uso comune.

Una Kaweco Liliput Black

I risultati ottenuti, già apprezzati per la riedizione della Kaweco Sport presa in esame in precedenza, sono interessanti anche per un altro modello, la Lilliput, una penna di piccolissime dimensioni che compariva già in un catalogo del 1911. In questo caso la riedizione ha visto il passaggio dall’ebanite all’alluminio, con una penna comunque molto leggera, ed adatta, grazie alle sue ridottissime dimensioni, anche ad essere usata come complemento da unire ad una agenda.

La principale caratteristica di questa penna infatti sono le dimensioni minuscole, 9,7 cm da chiusa, che però diventano 12,5 con il cappuccio calzato, rendendo la penna utilizzabile comodamente. Le finiture sono semplici, ma molto curate e la qualità realizzativa è ottima, considerato che si tratta comunque di una penna relativamente economica, con un prezzo intorno ai 50 euro.
Il caricamento è a cartuccia/converter, ed il diametro della penna supera appena quello delle cartucce.

Nonostante le dimensioni ridotte, la penna è ben equilibrata e maneggevole, il pennino è in acciaio, ma resta molto scorrevole e la scrittura risulta gradevole, con un flusso generoso e senza incertezze. In sostanza come per la Sport si tratta di una penna pensata per essere usata, ed è pratica e funzionale nonostante le dimensioni minimali.

Ritornando al solito rituale dei voti, che come sempre van presi più come una indicazione dei gusti dell’autore che come una valutazione oggettiva, i risultati sono:

  • aspetto: 8.0 (linea semplice, ottime finiture)
  • scrittura: 8.0  (comoda e  scorrevole)
  • sistema di caricamento: 6 (ordinario cartuccia/converter)
  • qualità/prezzo: 9 (molto buono visto i materiali impiegati)

In sostanza una penna senza tanti fronzoli, magari poco adatta a chi ha mani molto grandi, ma utilissima se si vuole avere una stilografica di piccole dimensioni da riporre negli spazi più ridotti.

Come sempre si ringraziano gli amici della Casa della Stilografica per aver messo a disposizione l’esemplare della penna con cui sono state eseguite le prove di scrittura e per aver fornito la fotografia usata nell’articolo.

Simone Piccardi



- Recensione penne stilografiche Pilot Parallel Pen di Simone Piccardi

In questa recensione, per la prima volta, non tratteremo di penne stilografiche, ma di una penna molto particolare, che è piuttosto difficile da classificare nelle categorie comuni, dato che non è né una sfera, né un roller, né un feltro, per cui alla fine si può solo seguire la denominazione dell’azienda, e chiamarla “parallela“.











Si tratta infatti di uno strumento di scrittura molto particolare, indirizzato a chi si diletta di calligrafia, che funziona con un particolare pennino costituito da due lamine di acciaio piatte e sottili sovrapposte che consente di portare l’inchiostro su una punta piatta che arriva, nella versione più grande, ad uno spessore di ben 6mm.

In ambito calligrafico esistono vari pennini speciali per fare tratti molto larghi, ma in genere non arrivano a queste dimensioni e comunque funzionano per intinzione, con tutta la scomodità che questo comporta. La Parallel Pen sembra essere riuscita a risolvere un problema tutt’altro che banale, come quello di distribuire in forma uniforme e scorrevole l’inchiostro su una punta di larghezza estremamente ampia.

Nella serie di scansioni precedenti si possono vedere i risultati ottenuti con le 4 diverse versioni (o meglio misure) della penna, dallo spessore minimo di 1,5mm alla massima di 6 mm, passando per le intermedie da 2,4 mm e 3,8 mm. La cosa che si apprezza di più nell’uso di queste penne è la scorrevolezza e l’uniformità del tratto che si ottiene nonostante le dimensioni così ampie della punta.

Certo non si arriva alla scorrevolezza di una stilografica, certo, per la calligrafia a me interessa molto di più un pennino flessibile, certo la posizione di scrittura è un po’ più rigida (non si può inclinare troppo la penna, specie per le versioni con la punta più larga), ma la scrittura con una Parallel Pen resta comunque di una qualità nettamente superiore a quella ottenibile con qualunque pennarello o attrezzo affine.

Inoltre usando un angolo della penna si può, anche se in questo caso si perde la scorrevolezza, scrivere anche normalmente in linee di dimensione normale, ovviamente perdendo le variazioni di spessore che sono il tratto distintivo e lo scopo principale della penna. E’ comunque molto interessante la capacità del pennino di far arrivare lo stesso l’inchiostro sul foglio.

Una seconda caratteristica peculiare di queste penne è che è possibile, mettendo due Parallel Pen in verticale ed appoggiando un pennino sopra l’altro, trasferire l’inchiostro dalla penna superiore alla inferiore, in modo che questa, se i due inchiostri sono diversi, inizi a scrivere con il colore trasferito per passare progressivamente a quello contenuto internamente.

L’effetto è quello illustrato negli esempi di scrittura riportati nelle immagini qui accanto, e per sfruttarlo a pieno la Pilot fornisce appositamente per queste penne una specifica serie di inchiostri denominati “Mixable Ink” pensati appunto per essere mescolati per ottenere queste sfumature. Ma la mia l’ho usata tranquillamente con del normalissimo inchiostro stilografico (un Pelikan 4001 Blu).

Dovendo descrivere la penna direi che la sua caratteristica più rilevante è quella di essere davvero divertente, perché consente di giocare con le sfumature di colore e gli spessori di scrittura in maniera davvero semplice e molto gradevole.

La qualità costruttiva è quella di un prodotto di largo consumo con un prezzo tutto sommato conveniente (stiamo sulla quindicina di euro), per cui non c’è molto da discutere di decorazioni e finiture. Ma si tratta di penne in plastica robuste e ben fatte che vengono fornite di converter in modo da poterle riutilizzare facilmente con qualunque inchiostro, cosa che le rende molto adatte allo scopo di strumento per la calligrafia.

Non mi esprimerò in questo caso nel solito rituale dei voti, ma credo che queste Parallel Pen meritino un 10 e lode per essersi dimostrate la prima vera innovazione che è comparsa nel mondo della scrittura in questi ultimi 10 anni.  I pennini piatti infatti funzionano in maniera eccellente e sono completamente diversi da qualunque altro sistema visto fino ad oggi, e per le prove che ho fatto, scrivono molto meglio di sfere, roller e pennarellini vari. Tanto di cappello, dato che innovare su questo campo sembrava davvero impossibile.

Si ringraziano gli amici della Casa della Stilografica per aver messo a disposizione le penne con cui sono state eseguite le varie prove di scrittura e per aver fornito le fotografie usate nell’articolo.


- Recensione penna stilografica  Waterman Edson di Simone Piccardi

'Benché non si tratti certo di una novità, essendo la Edson una penna uscita nel 1992, che raggiunge quindi i 20 anni di produzione, ho deciso di dedicare una recensione a questa Waterman perché la considero una delle poche penne moderne veramente interessanti, ed uno dei migliori candidati nella produzione recente a diventare un modello storico.

Waterman Edson Blue

Una Waterman Edson Sapphire Blue

La penna venne creata in celebrazione di un qualche anniversario di cui ormai ho perso ogni traccia e memoria, ed inizialmente si pensava che sarebbe stata prodotta solo in edizione limitata. La penna infatti è numerata (nel mio caso riporta la cifra 041117 sul lato destro della clip), ma la produzione non è stata interrotta per vari anni, e dopo qualche tempo alla versione originale (solo blu) si affiancarono la versione rossa e quella verde.

Le edizioni limitate sono comunque venute in seguito per vari anniversari dell’azienda (120°, 125°) ed ultimamente è stata pure prodotta una versione nera con finiture e cappuccio in metallo bianco. Ma quella a cui faccio riferimento in questa recensione è la versione originale di colore blu, che oggi non è più in produzione, e che resta a mio avviso parecchie spanne sopra tutte le successive, soprattutto rispetto alle costosissime edizioni limitate con le loro inutili e nocive aggiunte di elementi decorativi di scarso interesse.

Il punto di maggiore forza di questa penna infatti è il design che incarna perfettamente lo stile  “streamlined” introdotto nel 1929 dalla Sheaffer con il modello Balance. A differenza di tutte le altre penne con forme  affusolate (la classica linea a sigaro o siluro) le curve restano continue, senza appiattimenti nel centro del corpo, senza interruzioni per verette decorazioni o pomelli, senza il taglio radicale della punta grazie al pennino conico intarsiato ed all’alimentatore che fa parte integrante della sezione.

La purezza e la semplicità delle linee, che vengono mantenute sia dal cappuccio, in un blocco unico di ottone satinato, che dalla clip, che corrisponde alla curvatura del corpo della penna,  sono la caratteristica vincente di una stilografica che risplende nella totale assenza di qualunque elemento decorativo esterno.

Altrettanto d’impatto è il contrasto fra il profondo blu traslucido del corpo e l’oro del cappuccio, che viene ripreso anche nelle linee del pennino. Unico elemento decorativo resta, a penna aperta, l’intarsio sulla sezione che riprende in simmetria il disegno della clip e crea una continuità di linee con il pennino. La penna resta equilibrata anche nello stacco della sezione dal corpo, rientrante per il tanto che basta a consentire una continuità di linee a cappuccio chiuso, e resta discreta anche la presenza dei dossetti dorati leggermente sporgenti per l’incastro sul cappuccio.

Infine il materiale è decisamente originale, una particolarissima resina plastica realizzata in un doppio strato che consente di ottenere un incredibile effetto di traslucenza/trasparenza dei bordi ed una profondità di colore molto più interessante sul piano estetico della solita riproposizione di sgargianti imitazioni della celluloide. Finalmente un uso dei materiali moderni per creare qualcosa di nuovo. Inoltre l’aver mantenuto l’essenzialità nei colori si dimostra di nuovo una scelta stilisticamente vincente.

Ma al di là dello stile, ciò che conta davvero in una penna è la scrittura, che spesso purtroppo non è all’altezza della ricercatezza delle decorazioni e delle finiture. In questo caso, invece la qualità di scrittura è assoluta e la Edson era accreditata come una delle poche penne che hanno un diverso alimentatore per ciascuna misura di pennino.

La scrittura risulta infatti scorrevolissima nonostante la rigidezza estrema del pennino (che non poteva comunque essere realizzato altrimenti). E’ la sola penna di produzione “occidentale” che non sfigura minimamente nei confronti delle concorrenti giapponesi. Oltre alla scorrevolezza la penna risponde sempre prontamente e scrive immediatamente anche dopo vari giorni di inutilizzo.

Esempio di scrittura di una Waterman Edson

Esempio di scrittura di una Waterman Edson

Nella scansione precedente viene riportato un test di scrittura eseguito con un Jentle Ink Blu/Nero della Sailor su un blocco Pignastyl. Il pennino è un fine con un flusso ben regolato anche se un pelino generoso, e la penna risulta ben equilibrata sia con che senza cappuccio, anche se chi ama le penne leggere preferirà la seconda opzione, che rende la penna molto più leggera e maneggevole.

Unica nota dolente, oltre ovviamente un prezzo non indifferente (trattavasi comunque della penna di maggior pregio della Waterman), è il caricamento, a cartuccia/converter, anche se il converter è molto raffinato e realizzato specificamente per questo modello in metallo e plastica con gli stessi colori della penna (blu e oro). Devo comunque riconoscere che un caricamento più sofisticato come uno stantuffo avrebbe imposto una rottura delle linee del corpo, ed in questo caso usare cartuccia/converter è un compromesso che sono disposto a accettare.

Veniamo infine al solito rituale del giudizio espresso in voti, ricordando ancora una volta al lettore di prenderli con la dovuta cautela, essendo il risultato, in particolar modo quello dell’aspetto, dettato dalle personali preferenze dell’autore:

  • aspetto: 10.0 (una delle penne più belle mai realizzate)
  • scrittura: 9.5 (perfetta, peccato non possa essere flessibile)
  • sistema di caricamento: 7.0 (cartuccia e converter dedicato)
  • qualità/prezzo: 7.5 (costo elevato, ma penna di valore)

Per concludere si tratta della sola penna moderna della quale mi sia innamorato a prima vista e per la quale sia stato disposto a spendere quanto avrei speso per una antica. Un valore che per fortuna, a giudicare dalle quotazioni su Ebay, pare anche mantenersi nel tempo.

Si ringraziano gli amici della Casa della Stilografica per aver messo a disposizione le fotografie usate nell’articolo.

Simone Piccardi






- Recensione stilografica Nettuno Docet di Simone Piccardi

In occasione del (presunto) centesimo anniversario della Nettuno, la Aurora ha prodotto una ri-edizione speciale limitata di un modello storico di questa azienda, la Docet. Mettendo da parte tutti i dubbi (alquanto seri) sulla attendibilità del centenario (scarsa dato che Letizia Jacopini riporta nel suo libro che l’azienda risulta fondata, nei documenti della Camera di Commercio di Bologna, nel 1916), la Docet si va ad iscrivere in quella lista, assai corta peraltro, di riedizioni fatte con cura e con attenzione al mantenere lo stile e le caratteristiche del modello originale.








Stilografiche Nettuno Docet

Per questo, anche se trovo antipatica la consuetidine di attribuirsi un’età maggiore di quella effettiva, e non apprezzo le edizioni limitate, tenuto conto che difficilmente festeggeranno il centenario nel 2016, quando forse sarebbe più corretto dal punto di vista storico, ho comunque deciso di recensire la penna.

Il materiale della penna è una resina plastica che imita i colori delle celluloidi antiche. Il materiale ha una ottima consistenza è leggero ma da una buona impressione di solidità. I colori, 4, per ciascuno dei quali sono stati prodotti 100 esemplari, sono molto belli. Anche se si tratta di una variante della attuale versione della Aurora 88 la penna riprende in maniera abbastanza fedele le linee originali, e presenta una linea semplice ed elegante senza inutili orpelli.

Il caricamento è il classico stantuffo, con il meccanismo della riserva magica creato dall’Aurora nel 1963 ed una finestrella trasparente per la visualizzazione del livello di inchiostro. Le finiture sono accuratissime e la qualità costruttiva della penna è ineccepibile.

La penna è dotata di un pennino in oro a 14 carati marchiato Nettuno, in oro bianco per le versioni  Grigie e Bordeaux, disponibile nelle misure F, M e B. La versione che ho provato era equipaggiata con un pennino M risultato estremamente scorrevole, aiutato in questo da un flusso fin troppo abbondante che rende il tratto equivalente a quello di un broad di altre marche. Rimpiango di non aver potuto provare un F, ma a giudicare dal flusso non sarei comunque stato molto soddisfatto, la mia preferenza per i fini in questo caso viene a scontrarsi con l’eccessiva abbondanza del flusso.

La scrittura comunque è risultata gradevole nonostante lo spessore che per i miei gusti è davvero troppo ampio ed un pennino assolutamente rigido. Però è molto facile ottenere una grande scorrevolezza aumentando il flusso di inchiostro, e per le mie preferenze inizio a considerare tutto questo come uno stratagemma un po’ troppo semplice a spese dell’utente (ad esempio in termini di quantità di inchiostro che dovrà consumare…) rispetto a chi riesce ad ottenere gli stessi risultati con un flusso meno abbondante.

Riassumendo la valutazione in voti, al solito indicativi delle preferenze e gusti personali del recensore (specie quelli relativi al flusso di inchiostro):

  • aspetto: 8.5 (linea semplice, finiture e lavorazione di qualità assoluta)
  • scrittura: 7.5 (iperscorrevole, ma il flusso è davvero eccessivo)
  • sistema di caricamento: 9.0 (il classico stantuffo e la riserva magica)
  • qualità/prezzo: 8.0 (buono nonostante sia una edizione limitata)

In definitiva si tratta di una penna certo economica, ma di grandissima qualità costruttiva, con una linea classica e gradevole e comunque con un prezzo inferiore alla media delle edizioni limitate che in genere si fanno pagare molto salata questa caratteristica. Ma se avesse avuto un flusso di inchiostro un pelino più equilibrato l’avrei gradita molto di più.

Come sempre si ringraziano gli amici della Casa della Stilografica per aver messo a disposizione l’esemplare della penna con cui sono state eseguite le prove di scrittura e per aver fornito le fotografie usate nell’articolo.

Simone Piccardi

Recensione stilografica Visconti Opera Typhoon di Simone Piccardi

La Visconti Opera Typhoon è la ultima novità proposta dalla Visconti, ed è probabilmente la stilografica con il più alto contenuto di innovazione nella produzione recente. La penna infatti è equipaggiata con tutte le invenzioni proposte dall’azienda, dal caricamento a siringa rovesciata a doppio serbatoio, al funzionale attacco a baionetta del cappuccio ed all’ultima novità dell’azienda, un pennino tubolare in acciaio al cromo (almeno così pare di capire) chiamato dall’azienda SmarTouch, che riprende le linee dei pennini Triumph della Sheaffer, ed in particolare la forma curvate “all’insù” delle punte.


Visconti Opera Crystal

La penna è stata prodotta in edizione limitata in due versioni, per un totale di 1000 esemplari cadauna.
La prima versione denominata Visconti Opera Cristal, illustrata nella immagine a fianco, è stata relizzata in resina acrilica trasparente, seguendo la tendenza delle cosiddette “demonstrator”, la seconda versione, quella utilizzata per questa recensione, è invece realizzata in blu variegata, con una colorazione denominata appunto Typhoon.

Ma oltre al nuovo pennino la caratteristica peculiare di questa penna è il cosiddetto “Mosquito Filler” un accessorio che si monta sul pennino a guisa di ago di siringa e come quest’ultimo consente di caricare la penna aspirando anche l’ultima goccia di inchiostro da una boccetta. Il sistema, anche se realizzato in maniera completamente diversa, riprende anch’esso il concetto dello “snorkel“, rifacendosi anche in questo caso ad una innovazione introdotta dalla Sheaffer.


Visconti Opera Typhoon

Al di là delle caratteristiche tecniche, si tratta comunque di due penne di dimensioni ragguardevoli, caratterizzate dal mix di linee squadrate e stondate ribattezzato dall’azienda “quadratura del cerchio” proposto per la prima volta con la Wall Street. Si tratta di una linea a mio avviso molto gradevole ed interessante e stilisticamente originale (tanto che venne a suo tempo copiata dalla Waterman). Inoltre questa linea si adatta molto bene anche alle linee, molto più slanciate rispetto a quelli ordinari, del pennino tubolare.

Pur trattandosi di una penna di dimensioni ragguardevoli risulta molto equilibrata e comoda da tenere in mano, anche se con il cappuccio calzato tende a pesare un po’ di più sul retro, e nonostante sia una edizione limitata è senz’altro una penna pratica, destinata all’uso e non all’essere conservata in una teca. Le finiture ed i materiali sono di primissima qualità e tutta la lavorazione è assolutamente ineccepibile.

Ma in una penna quello che per me conta più di tutto è la qualità di scrittura, ed è qui che ho avuto qualche problema. Nel primo test che ho fatto infatti mi sono trovato di fronte ad una ripetuta serie di false partenze. Una volta avviata la penna scriveva con una scorrevolezza esemplare, ma ovviamente trovarsi a dover ripassare sull’inizio di una frase non è gradevole.

Ovviamente la cosa mi ha lasciato un po’ perplesso, poi però mi è tornata in mente la particolare forma del pennino con la punta ricurva all’insù ed ho ripetuto la prova tenendo la penna meno inclinata rispetto alla verticale. Nessuna falsa partenza e scrittura ineccepibile. Il punto è che io scrivo con un angolo piuttosto basso rispetto alla carta (ben sotto i 45°) e probabilmente in questo caso la curvatura della punta del pennino mi ha portato ad appoggiarlo sulla carta quasi di piatto, ad un angolo che probabilmente passa il limite dell’inclinazione in cui si avvia correttamente senza pressione.

In definitiva si tratta di una penna di grande interesse ed originalità, con un tasso di innovazione tecnica superiore a quello di qualunque altra penna in commercio. Ma pur riconoscendo che impugnata in maniera diversa dalla mia la penna non presenta nessun difetto, la conclusione resta che comunque non è una penna adatta a me, che trovo una posizione di uso poco inclinata molto scomoda, e che scrivendo normalmente come scrivo con le altre penne mi trovo ad affrontare delle false partenze.

Trattandosi però di una recensione devo sottolineare come questo problema non sia da considerare necessariamente un difetto della penna, quella posizione infatti viene senz’altro incontro a chi è abituato a scrivere con la penna verticale (posizione problematica per moltissime stilografiche ma assolutamente funzionale in questo caso). Per questo motivo nel consueto rituale dei voti non esprimerò quello riguardante la scrittura:

  • aspetto: 9 (linea originale, finiture e lavorazione di qualità ineccepile)
  • scrittura: non espresso
  • sistema di caricamento: 10.0 (siringa rovesciata e doppio serbatoio)
  • qualità/prezzo: 7.0 (non molto economico, da edizione limitata)

Al solito si ringraziano gli amici della Casa della Stilografica per aver messo a disposizione l’esemplare della penna con cui sono state eseguite le prove di scrittura e per aver fornito le fotografie della stessa usate nell’articolo.

Simone Piccardi