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Laban Taroko - Testi e foto di Giulio Fabricatore

LABAN “TAROKO”

il piacere di una scoperta
Testo e foto di Giulio Fabricatore

Premessa

Ho scoperto il marchio Laban in maniera assolutamente casuale, nel web, incuriosito da alcune serie estremamente intriganti. Ho allora cercato di acquisire informazioni sul produttore ma devo ammettere che, nonostante la mia collaudata capacità di “cacciatore di dati”, non sono riuscito a trovare granché oltre le scarne notizie che fornisco di seguito. In particolare ho scoperto che le penne alle quali ero interessao non erano neanche presenti sull’unico sito ufficiale LABAN: sembrerebbe quasi che queste penne siano prodotte in assoluta clandestinità... Facendo un collage di quello che ho recuperato dalla rete, ho appreso che le penne Laban sono prodotte dalla The Thong Yeong Corporation, che opera con base a Taipei (capitale di Taiwan), dove fu fondata nel 1981 da John Hu, che iniziò esportando articoli di cancelleria, da regalo e strumenti di scrittura. Focalizzando il proprio interesse proprio sulle penne, John si associò a suo fratello Charles nella costruzione di un impianto industriale, nei dintorni di Taipei, destinato a produrre le loro penne. Le prime penne a marchio Laban appartenevano alla fascia alta di mercato, con esemplari rivestiti in argento o platino e la prestigiosa linea Filigree (filigrana) del 1983. Oltre a quelle con marchio proprio, la Laban (con uno staff che non supera le 15 unità) produce anche penne destinate a diversi marchi privati: dal 1997 al 1999, ad esempio, la Laban è stato il fornitore esclusivo di una linea di penne dei Musei Vaticani!  
 

Il modello Dragon della casa di Taiwan è stato premiato
nel 2004 dalla Royal Academy of Arts nel Regno Unito con
il Lewis&Clark Award quale migliore strumento di scrittura.
Merita una citazione il suggestivo motto della Laban, riportato
sulla scatola esterna della confezione:
Refill your soul by writing
(ricarica la tua anima scrivendo).

La Laban Taroko, versione Dark Forest, nella sua scatola, semplice ma ben protettiva


Piccola nota filologica
A proposito del certamente inconsueto nome “Taroko” vale la pena di ricordare che è quello del Parco Nazionale Tsugitaka-Taroko di Taiwan, situato nella zona centrosettentrionale dell’isola: più specificamente il termine “taroko” significa, alla lettera, “essere umano”, nella lingua originale del gruppo etnico locale Truku.



LABAN TAROKO - Dimensioni e pesi
Lunghezza (chiusa) 142 mm
Lunghezza senza cappuccio 125 mm
Lunghezza con cappuccio calzato ca. 160 mm
Diametro max del fusto 13,5 mm
Diametro della sezione 11,5 mm ca.
Peso totale 23 g
Peso del cappuccio 11 g
Peso del corpo 12 g
Forma ed estetica Il materiale costruttivo del fusto e del cappuccio è una piacevolissima resina acrilica, impreziosita da intriganti giochi cromatici che riescono ad imitare in maniera più che plausibile una qualche preziosa resina naturale arricchita da belle intrusioni; per la sezione è stata impiegata la stessa resina ma di colore nero, una disomogeneità che forse non piacerà a tutti.
La forma complessiva è quella, estremamente diffusa, a sigaro: sia il cappuccio sia, molto più nettamente, il fusto sono rastremati fino a ridursi a due estremità ben arrotondate: se ne ricava un’immagine gradevole ed equilibrata, nonostante una inevitabile sensazione di déja-vu! Le accurate filettature per l’accoppiamento di fusto e sezione sono realizzate su resina e metallo, rispettivamente, una disomogeneità strutturale che potrebbe suscitare perplessità e timori su eventuali rotture. In realtà, evitando sforzi incongrui, lo spessore delle pareti del fusto appare abbastanza rassicurante...

La clip, dalla forma estremamente semplice ed elegante (ricorda un po’ quella delle vecchie Sheaffer snorkel...) , è in metallo dorato ed è fissata alla parte alta del cappuccio senza il piuttosto usuale supporto di un anello metallico: si spera nella sua robustezza...

Come si accennava prima, la resina utilizzata presenta variazioni cromatiche estremamente intriganti, con un fascino da antica celluloide, grazie anche alla gradevole sensazione che sa comunicare al tatto. Quella che ho preso è la versione “Dark Forest” ma la gamma delle colorazioni disponibili è abbastanza ampia e pericolosamente coinvolgente: stimola la voglia di averle tutte!...

L’utilizzo di una resina così generosa in colori e sfumature non fa certamente rimpiangere una impostazione che rimane, in fondo, minimalista, riscattata però quanto basta da due decori dorati estremamente discreti: una veretta, posta a pochi millimetri dalla bocca del cappuccio, ospita la scritta Laban in un corsivo elegante su fondo finemente satinato; lo stacco tra la resina policroma del fusto e il nero della sezione è inoltre sottolineato da un sottile anelletto metallico dorato, di misurata discrezione. Tutto qua: la Taroko è bella così, senza aggiungere o togliere proprio nulla, perfettamente equilibrata nella sua sobria eleganza! LABAN TAROKO - Dimensioni e pesi Lunghezza (chiusa) 142 mm Lunghezza senza cappuccio 125 mm Lunghezza con cappuccio calzato 160 mm ca. Diametro max del fusto 13,5 mm Diametro della sezione 11,5 mm ca. Peso totale 23 g Peso del cappuccio 11 g Peso del corpo 12 g Svitando il fusto si può avere accesso al converter incluso nel “pacchetto”: di tipo standard, è facile da reperire o da sostituire (per chi ne sia appassionato) con cartucce universali (non fornite a corredo).  



Comodità d’uso
Per lunghezza e diametro questa penna rientra nel novero delle “medie”, impugnabile senza sforzo o sacrificio anche da mani tendenzialmente grandi, per sedute di scrittura che, grazie al peso molto contenuto e al diametro “comodo”, promettono di mantenersi estremamente rilassate. Non sembra proprio necessario l’utilizzo a cappuccio calzato ma, ove se ne sentisse la necessità, questo assetto allungato non penalizzerà in modo apprezzabile la sensazione di equilibrio globale.


La sezione, piuttosto corta, di diametro sostanzialmente costante e terminata da un modesto ma avvertibile rilievo, risulta tuttavia abbastanza comoda, capace di garantire una impugnatura decisa e stabile. Il cappuccio si svita in circa un giro e mezzo, una’opportunità che sarà sicuramente apprezzata dagli scrittori “a intermittenza”, abituati (o ncessitati) ad una scrittura continuamente interrotta e ripresa.
Le filettature, sia all’interno del cappuccio sia sul fusto appaiono precise e curate, tali da garantire un impegno privo di incertezze. In particolare la filettatura a ridosso della sezione ha cuspidi abbastanza smusse, che non procureranno alcun fastidio alle dita che impugnano la penna. Il metallo della clip si prolunga come una sottile bandella all’interno del cappuccio per venire fissata (come accennato prima) con una vite al vertice della cavità ogivale: un sistema semplice e piuttosto ingegnoso, che si spera possa mostrarsi duraturo. La piuttosto limitata elasticità della clip lascia prevedere qualche difficoltà di aggancio sui tessuti di maggiore spessore.

 

Da segnalare una assoluta singolarità che quasi certamente può sfuggire ad un esame poco approfondito: il fusto di questa penna presenta un piccolo foro che attraversa la cuspide del fusto e passa inosservato confondendosi nei disegni di questa resina. Non sono davvero riuscito a darmi una spiegazione plausibile che possa legare il foro al normale funzionamento della penna; posso solo immaginare che il foro sia inteso a scoraggiare/impedire che la penna venga utilizzata nella modalità di caricamento “eyedropper” (a contagocce)!...

Il gruppo pennino
Il pennino, fornito alla Laban dalla prestigiosa e collaudata Bock, è in acciaio bicolore: il giallo della preponderante parte inferiore (prossima alla sezione) è quello di una semplice doratura. Si tratta indubbiamente di un bel pennino, di generose dimensioni e abbellito da un decoro costituito da delicate volute inserite in una fascia che accompagna la separazione fra la zona gialla (prevalente) e quella bianca, ridotta ad una fascia di estremità. Le indicazioni impresse (con un lettering abbastanza elegante) si limitano a ripetere il nome della casa (Laban), seguìto dalla indicazione “iridium”.

La “pagina” illustrativa del pennino è conclusa da una sorta di corona di alloro che incornicia una solitaria L calligrafica. Risulta purtroppo assente una indicazione importante, quella della larghezza del pennino, che dovrebbe essere una in questo caso: assumo che sia così solo perché l’ho richiesto espressamente al fornitore, la Casa della Stilografica di Firenze...
Prima di caricare l’inchiostro ho provveduto ad effettuare un lavaggio accurato, a prevenire i soliti malfunzionamenti dovuti ai soliti, eventuali residui di lavorazione. Ho quindi caricato il converter con il rosso ricco e profondo del Diamine Sirah: decisamente adeguato ad evidenziare le potenzialità di questa penna. Per la carta la scelta è caduta, ancora una volta, sul solito puntinato Fabriano Ecoqua.

La prova di scrittura è stata segnata da qualche lieve problema iniziale: basta lasciare il pennino scoperto per qualche minuto per dover fare i conti con una (e una sola...) falsa partenza, dopo di che la scrittura procede regolare e senza alcun intoppo: niente false partenze ulteriori o salti o incertezze di sorta. La traccia risulta regolare soprattutto se si applica un minimo di pressione: a zero-pressure tende a diventare sottile quasi fino a sparire, una circostanza che ho subito notato (e non proprio apprezzato) per la mia marcata propensione a scrivere con mano piuttosto leggera. Un esame accurato della punta del pennino con una lente di potenza adeguata mi ha permesso di scoprire la causa di questo comportamento: un lieve ma visibile disallineamento fra i due rebbî, niente che non possa essere rapidamente e agevolmente risolto da un bravo nib master (appena me ne capita uno a tiro...): nonostante la mia buona manualità, evito di fare pasticci imbarcandomi in faccende che non padroneggio.

Per il momento si può dire che, complessivamente, questo pennino scrive e scrive bene, con l’unica condizione di esercitare un minimo di pressione, in modo da “recuperare” il lieve disallineamento. Come c’era da aspettarsi da un pennino di concezione europea, il tratto di questo è confrontabile con quello di un onesto giapponese; la caratteristica va ascritta anche ad un alimentatore dal flusso tendenzialmente generoso: il tratto risultante è abbastanza ricco da consentire di apprezzare le sfumature di colore. Il feedback è avvertibile ma rimane sempre piacevolmente limitato: dopo la sistemazione finale del pennino (??...) dovrebbe ridursi ulteriormente.

Del tutto sorprendente la prestazione in termini di flessibilità: questo pennino risponde molto docilmente ad un’ampia gamma di pressioni; il risultato, davvero lusinghiero, è una traccia che può allargarsi fino a diventare 3-4 volte quella di base; certo le penne flex sono tutt’altra cosa, ma, pur senza scomodare improbabili confronti con blasonate flex vintage, direi che si può essere assolutamente soddisfatti da questo risultato, che evidenzia possibilità non proprio comuni. Oltretutto questo pennino è capace di trasmettere la piacevole sensazione di una reazione “ammortizzata”: non posso fare a meno di pensare a pennini famosi e costosi ma rigidi “come un chiodo”...
La scrittura a pennino invertito (reverse writing) è caratterizzata da una traccia quasi evanescente e penalizzata da uno sgradevole aumento del feedback: da usare solo in casi di comprovata emergenza! In sintesi estrema: una penna molto gradevole, che si impugna con piacere e (depurando la citata piccola incertezza “out of the box”) scrive proprio bene, capace di offrire una gratificante esperienza di scrittura.
Devo ammettere di essere rimasto abbastanza preso da questa prima esperienza con un marchio che proprio non conoscevo: valeva proprio la pena di lanciarmi in questo tentativo, coronato da risultati che mi lasciano particolarmente curioso verso la rimanente produzione Laban disponibile in Italia.
Sento, in chiusura, di dover ringraziare i titolari della Casa della Stilografica che, con il loro spirito di iniziativa, mi hanno offerto l’opportunità di estendere i miei orizzonti: resto comunque in attesa di altri modelli Laban, magari come la grossa Mento...

Di sicuro un’esperienza da ripetere!

Buona scrittura. Buon divertimento.


[febbraio 2019] [recensione pubblicata in www.ilpennofilo.it]



Il confronto tra la Laban Taroko (in basso), la piccola Pelikan M205 (al centro) e la Lamy Al-Star (sopra)
conferma la Laban come una penna di dimensioni assolutamente “medie”, sia col cappuccio sia senza.

PROVA DI SCRITTURA
Laban TAROKO

Inchiostro: Diamine Sirah Carta: Puntinato FABRIANO Ecoqua

NB: il righello che compare nella scansione del foglio ha lo scopo di consentire una valutazine dimensionalmente corretta dei risultati (spessori),
falsati da una riproduzione che non sia in scala 1:1.