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La storia dei sistemi di caricamento

Penne Stilografiche - sistemi di caricamento

La stilografica è una penna utilizzata per la scrittura, composta da un serbatoio pieno d'inchiostro e da un pennino. L'inchiostro confluisce al pennino attraverso un sistema di distribuzione che combina gravità e capillarità.
La maggior parte delle penne stilografiche di nuova produzione hanno il caricamento a cartucce/converter oppure a stantuffo.

Dai primi del '900 sono state moltissime le aziende produttrici di penne stilografiche a studiare e brevettare nuovi sistemi di caricamento, data la necessità di abbandonare la cannuccia  ed il calamaio.
La necessità era poter avere un flusso d'inchiostro continuo.
Vediamo di seguito i vari sistemi di caricamento che i vari produttori hanno promosso nel corso della lunga storia della penna stilografica.


Sistemi di caricamento:

La creazione di nuovi sistemi di caricamento è sempre stata, specie negli anni del periodo d'oro dello sviluppo della penna stilografica, uno dei maggiori fattori di innovazione tecnica, e per questo anche ragione della nascita di nuove aziende; in questo campo gli esempi più famosi sono la Conklin, nata per l'invenzione del sistema Crescent filler e la W.A.Sheaffer , che entrò sul mercato con la creazione del caricamento a levetta, ma molte altre aziende meno note (come la Onoto, la Dunn, la Moore o la Chilton) hanno avuto una simile origine.

La storia della penna stilografica è infatti indissolubilmente legata a quella dei vari sistemi che nel corso degli anni sono stati ideati per effettuarne il caricamento dell'inchiostro.
In particolare nei primi anni del '900 tutti i produttori di penne facevano a gara per introdurre nuovi sistemi di caricamento, spesso complicati e poco funzionali.

Di seguito, tutti i sistemi di riempimento che prevedono il caricamento della penna attraverso l'immissione dell'inchiostro all'interno di un serbatoio direttamente da parte dell'utilizzatore. Si tratta dei sistemi di caricamento più primitivi, utilizzati agli albori della storia delle penne stilografiche.
Nella gran parte dei casi sono stati sostituiti a partire dagli inizi del '900 da sistemi che consentissero il riempimento automatico.

Nei sistemi di seguito illustrati il corpo della penna stilografica svolge dunque la funzione di serbatoio.

- Eyedropper Filler

Il cosiddetto eyedropper filler, come viene chiamato nel mondo anglosassone, è quello che da noi viene chiamato caricamento a caduta o caricamento a contagocce. Si tratta del primo sistema di caricamento adottato nelle penne stilografiche.
In questo caso infatti il riempimento della penna avviene smontando il blocco pennino dal serbatoio.
L'operazione di riempimento viene effettuata, ottenuto l'accesso al serbatoio, con l'immissione dell'inchiostro a caduta da effettuarsi in genere con una piccola siringa o con un contagocce che nelle versioni originali veniva fornito dal produttore stesso assieme alla penna. Completato il riempimento il gruppo pennino doveva essere rimontato sul serbatoio per poter utilizzare la penna.

 




Per la sua semplicità costruttiva questo "sistema" è stato adottato da tutti i produttori fin dall'800 agli albori dello sviluppo della penna stilografica, ed è rimasto in uso fino agli inizi del '900.
Il sistema è molto  semplice, specie nei termini dei requisiti tecnici per la costruzione, ed inoltre ha il vantaggio di consentire una grande capienza di inchiostro,  in quanto quest'ultima  determinata soltanto dalle dimensioni del serbatoio della penna.

Questo sistema di caricamento, presenta però numerosi inconvenienti, il primo dei quali è senz'altro la scomodità delle operazioni di riempimento, dato che per ricaricare una penna stilografica occorre svitare il blocco pennino, in genere sporco d' nchiostro, e riporlo in luogo separato dove non macchi e non rischi di cadere.
Le operazioni di caricamento poi sono molto scomode in quanto occorre avere un contagocce o una piccola siringa, ed in genere l'operazione del travaso di inchiostro, dovendo mantenere sempre in verticale il corpo della penna che agisce da serbatoio, risulta essere delicata ed a rischio di versamenti di inchiostro.

Un secondo inconveniente origina poi dal fatto che con l'usura, specie nei modelli di bassa qualità , avere l'inchiostro in contatto diretto con il corpo della penna può causare perdite in corrispondenza della giunzione fra fusto e gruppo pennino una volta che questa perde la sua tenuta. Inoltre, dovendo svitare ed avvitare quest'ultimo il rischio di macchiarsi le mani, specie in presenza di un corpo che è stato pieno di inchiostro fino ad allora è sempre piuttosto alto. Il corpo della penna poi doveva essere realizzato soltanto in materiale inerte che fosse capace di resistere al contatto con gli agenti corrosivi presenti negli inchiostri, che all'epoca della sua introduzione era soltanto l'ebanite.

EBANITE:

Qui abbiamo un altro materiale storico per la creazione di penne stilografiche, il più antico, inventato per la prima volta da un personaggio noto al grande pubblico: Charles Goodyear.
L’ebanite è composta da gomma vulcanizzata con zolfo ed è stato il primo materiale usato per fare penne stilografiche. Sfortunatamente non sono rimasti molti produttori e la maggior parte di loro non ha una profonda conoscenza del processo di colorazione che veniva adottato per le penne d’epoca.
Durante i nostri sei anni di esperienza con l’ebanite abbiamo notato che la qualità di questo materiale varia soprattutto in base al suo utilizzo principale.
Oggi l’ebanite non è più impiegata per produrre oggetti di pregio, ma per la creazione di componenti tecnici, che non richiedono particolari caratteristiche estetiche. E’ quindi un dato di fatto, che le belle varianti screziate e marmorizzate di ebanite, proprie delle penne d’epoca, siano andate perse per sempre.
I colori oggi sono più opachi, anche perché i coloranti utilizzati nel passato, come l’ossido di ferro, sono stati classificati come cancerogeni e per questo non sono più in uso.
Le penne d’ebanite divengono opache per la tendenza dello zolfo ad apparire in superficie. Se esposte alla luce del sole, il loro colore tende a sparire.
Conservazione: lontano da fonti di luce, in luoghi ventilati.
Pulizia: strofinare con un tessuto in microfibra (come quello per gli occhiali da vista), dopo ci che può essere impiegata una spugna in silicone.

Tornando Un ultimo inconveniente, spesso molto fastidioso, è che essendo in questo caso l'inchiostro contenuto direttamente nel corpo della penna, quando questa si svuota si determina una notevole sensibilità alle variazioni di pressione e temperatura dell'aria contenuta all'interno del fusto della penna, che è tanto maggiore quanto più grande è il volume disponibile.
I problemi maggiori si avevano allora in caso di viaggi in aereo, dove le variazioni di pressione altimetrica causavano invariabilmente una fuoriuscita di inchiostro.
Ma con queste penne per causare una perdita spesso è sufficiente il solo calore della mano che impugna la penna.
Questo viene trasmesso all'aria contenuta all'interno del fusto, provocandone una espansione che altera così l'equilibrio della pressione fra interno e esterno.
Si ottiene così con relativa facilità una perdita di inchiostro.
Benché oggi sia tornato di moda in qualche modello ( Delta Roma Imperiale - Stipula Xalegrafica - Visconti Shunga ecc.. ) , per il suo gusto retrò  , resta comunque, posto che lo si possa davvero considerare tale, un sistema di caricamento primitivo.
 

-Safety filler

Il caricamento che nel mondo anglosassone viene chiamato safety filler, nasce come evoluzione del sistema di caricamento a contagocce.
Per semplificare le operazioni di riempimento evitando di dover smontare e riporre la sezione con il gruppo pennino, e per evitare fuoriuscite di inchiostro in conseguenza di differenze di pressione e temperatura, in questo caso il pennino viene montato su un meccanismo che consente di ritrarlo all'interno del corpo della penna.
Da questa caratteristica viene anche il nome di rientrante con cui spesso si identificano le penne che usano questo caricamento.

Oggi, anche se con il sistema di caricamento a cartucce/converter, sono molte le aziende che continuano a produrre penne rientranti.
Qualche esempio: Pilot Capless - Lamy Dialog 3 - Montblanc Boheme - Montblanc Heritage 1912 - Montblanc Heritage 1914 - Visconti Pininfarina Carbongrafite ed altre ancora.
 




Il sistema prevede che, fatto rientrare il pennino nel corpo della penna, quest'ultimo diventi accessibile per il riempimento, da effettuare tramite il solito contagocce, e con gli stessi problemi (escluso quello del riporre il gruppo pennino in luogo sicuro) visti in precedenza. In questo caso si ha meno volume disponibile per l'inchiostro, essendo l'interno del fusto occupato anche dal meccanismo, ma comunque sempre più che sufficiente. Per poter usare la penna basterà riutilizzare il meccanismo alla rovescia per riportare il pennino in posizione di lavoro, facendolo uscire dal corpo della penna.

Una volta che il pennino è rientrato all'interno del fusto, la penna può essere chiusa ermeticamente utilizzando un cappuccio a fondo piatto fornito di adeguate guarnizioni che permettono di garantirsi totalmente contro la fuoriuscita di inchiostro, caratteristica a cui è dovuto il nome safety con vengono chiamate le penne dotate di questo caricamento.
In questo caso infatti non esiste la possibilità che l'inchiostro, a causa di scompensi di pressione, possa fuoriuscire dal pennino e depositarsi nel cappuccio, dato che quest'ultimo serve semplicemente come tappo per il fusto; tutti gli scompensi di pressione poi vengono immediatamente eliminati all'apertura del cappuccio.

Questa caratteristica di sicurezza fu un grosso passo avanti in un'epoca in cui le perdite di inchiostro erano molto comuni, e la tenuta dei cappucci, spesso bloccati semplicemente a pressione sul fusto della penna, era assai problematica.
Da questo punto di vista le penne safety restano comunque superiori a qualunque penna moderna.
Inoltre la chiusura ermetica del cappuccio, che comprende anche l'insieme del pennino, consente di ridurre praticamente a zero le possibilità di evaporazione dell'inchiostro, che molto difficilmente si seccherà all'interno della penna, consentendo così anche l'utilizzo di inchiostri molto più densi rispetto a quelli ordinari.
Per queste caratteristiche peculiari la Waterman ha continuato a produrre una linea di queste penne, rivolta ad artisti e musicisti e aviatori, sino agli inizi degli anni '40.

Il fascino di questo sistema di caricamento risiede nella complessità meccanica della sua realizzazione, che spesso mostra i vertici delle tecnologie dell'epoca: il gruppo pennino infatti in genere viene fatto spostare grazie ad una vite elicoidale azionata dalla rotazione del fondello della penna. In posizione di lavoro esso andrà a chiudere ermeticamente il fusto tramite una guarnizione, mentre in posizione di riposo lascerà completo accesso all'interno della penna.

Con queste penne è fondamentale ricordarsi di aprire il cappuccio sempre in posizione verticale, e di non richiuderlo mai senza avere prima ritratto completamento il pennino all'interno del fusto, per evitare di danneggiarne la punta.
Dato che questo era un inconveniente comune alcuni modelli (si attribuisce la prima introduzione di questa innovazione alla Montblanc) prevedono la presenza di un apposito meccanismo di sicurezza (in genere uno spillo montato al centro del cappuccio che va a battere sul gruppo pennino), che così ne impedisce la chiusura se questo non è stato completamente ritirato all'interno del corpo della penna.

Il Safety Filler nasce negli Stati Uniti nell'ultimo decennio del 1800, benché non sia possibile definirne in maniera precisa un inventore, se ne attribuisce se non l'invenzione almeno l'introduzione massiccia sul mercato alla Waterman, che è stato il principale produttore statunitense ad adottarlo su larga scala.
Esso però ha avuto un successo molto più grande in Europa, dove all'inizio del secolo praticamente tutti i produttori (ed in particolare quelli tedeschi, fra cui spicca la Kaweco, che ne realizzò anche alcuni sviluppi) facevano uso di questo sistema, e dove è rimasto in produzione molto più a lungo.

Benché lo sia classificato, forse ingiustamente, fra i sistemi di caricamento primitivi, in realtà il safety filler ha resistito sul mercato molto più a lungo di altri sistemi di riempimento creati in periodi successivi.
In particolare in Europa si trovano in produzione modelli di serie che lo utilizzano fino a tutti gli anni '20.
A causa del suo valore storico, che lo vede essere sostanzialmente il primo sistema meccanico dedicato al riempimento della penna, esso continua a riscuotere un innegabile interesse da parte dei collezionisti, molti dei quali hanno una particolare predilezione per le penne rientranti.


-Non-Leakable filler

Una variante degna di nota del sistema di caricamento di sicurezza è il peculiare sistema di caricamento adottato dalla Moore per le sue Non-Leakable, per i quali sono stati depositati tre distinti brevetti uno nel 1893 e due nel 1896.Il principio è sempre quello di utilizzare un gruppo pennino rientrante, ma in questo caso invece di utilizzare una vite elicoidale, si ha uno scorrimento di tipo lineare.




Il sistema presenta, rispetto al tradizionale safety filler il vantaggio di una semplicità meccanica invidiabile, in questo caso infatti lo scorrimento del gruppo pennino è realizzato tramite l'uso di un manicotto posto sul fondo della penna che viene fatto scivolare avanti ed indietro sul fusto della stessa. Al fondo che chiude il manicotto è agganciato con un'asta il gruppo pennino, che emerge attraverso una guarnizione a tenuta stagna dal fondo del fusto; in questo modo può essere spostato in posizione di scrittura o fatto rientrare nel corpo della penna.
 
Con il pennino in posizione rientrata la penna può essere caricata o chiusa come una qualunque altra safety tradizionale, tanto che la Moore commercializzava le proprie penne facendole uscire dalla fabbrica già cariche di inchiostro, come ulteriore prova a sostegno della effettiva veridicità del loro nome Non-Leakable.
La semplicità meccanica del sistema, basato sul semplice scorrimento lineare di un'asta, è il punto di forza di questo meccanismo, nettamente più robusto e facile da realizzare rispetto alla complessità di quello presente nelle altre penne rientranti; tutto quello che era richiesto era una buona precisione nelle tolleranze della lavorazione meccanica e delle guarnizioni di buona qualità.
Oltre che dalla Moore il sistema è stato usato anche dalla Montblanc nei primi modelli Rouge et Noir, portato quasi certamente in Germania alla fondazione dell'azienda da Arthur Eberstein, che in precedenza aveva lavorato proprio per la Moore.


-Contagocce di Sicurezza

Questo "sistema" si trova esclusivamente sulle penne giapponesi, e si può considerare una variante del caricamento a siringa rovesciata della Onoto, da cui probabilmente è stato ispirato. Sul piano meccanico infatti il meccanismo infatti è sostanzialmente identico, ma in questo caso non serve per caricare la penna, ma soltanto per bloccare l'afflusso di inchiostro al pennino quando la penna è chiusa. Non è noto un inventore di questo meccanismo, che si trova un po' su tutte penne giapponesi prodotte fino agli anni '30 da aziende come la Pilot e la Sailor.





La penna stilografica  infatti si carica svitando il gruppo pennino ed inserendo l'inchiostro direttamente all'interno del corpo della penna, come per l'ordinario caricamento a contagocce.
Per evitare però eventuali perdite, le penne dotate di questo sistema vengono fornite di un pistoncino montato su un alberino manovrato attraverso il fondo della penna.
Quando il fondello è avvitato il pistone, che serve esclusivamente da valvola di blocco, viene a contatto con il gruppo pennino, bloccando l'accesso dell'inchiostro al medesimo, così da prevenirne ogni eventuale fuoriuscita.
Per poter scrivere occorre svitare il fondello e ritirare leggermente l'alberino ad esso agganciato, in modo da ritrarre il pistoncino dalla sua posizione di blocco e riabilitare il flusso dell'inchiostro verso il pennino.
Richiudendo il fondello si bloccherà nuovamente l'afflusso di inchiostro, prevenendo così le perdite.
 

Compressione diretta del serbatoio

All'inizio del '900 ci fu un grande impulso nella ricerca di un sistema che consentisse di eseguire in maniera automatica l'operazione di riempimento.
In questo periodo si iniziarono a produrre una serie di sistemi di caricamento che prevedevano di mantenere l'inchiostro all'interno di un sacchetto di gomma elastica.
In questo modo si poteva eseguire il caricamento comprimendo il sacchetto vuoto, così da sfruttare la successiva espansione dello stesso per risucchiare l'inchiostro dal calamaio immergendovi completamente il gruppo pennino.
L'idea di usare un sacchetto di gomma come serbatoio per l'inchiostro consentiva di risolvere alcuni dei problemi riscontrati fino ad allora.
In particolare non essendo più l'inchiostro in contatto con il materiale del fusto della penna si potevano utilizzare anche materiali suscettibili di corrosione.
Inoltre se il serbatoio di gomma è ben posizionato e non viene posto in contatto con le pareti del fusto, lo strato di aria che lo separa da questo fa da isolante termico, e l'elasticità del sacchetto compensa il problema dell'aumento di pressione per il calore trasmesso dalla mano che impugna la penna.
Esistono però anche degli inconvenienti: anzitutto diminuiscono le dimensioni del serbatoio, dato che lo spazio interno al fusto della penna deve contenerlo, insieme a tutto quanto necessario per il sistema di compressione.
Inoltre i sacchetti tendono a deteriorarsi, rompendosi o perdendo l'elasticità, e devono essere sostituiti, introducendo così tutta una serie di problematiche di manutenzione.
Infine aumenta notevolmente la complessità di costruzione, e con questo le possibilità di guasto.

-Crescent filler

Il primo sistema di caricamento automatico veramente efficiente e funzionale basato sulla compressione di un serbatoio in gomma è stato il famoso crescent filler, ideato da Roy Conklin ( che lo brevettò nel 1901 , che venne introdotto sul mercato dalla omonima ditta da lui fondata, primo esempio del successo di una marca dovuto all'invenzione di un meccanismo di caricamento innovativo.
L'azienda di penne Conklin ha chiuso i battenti nel 1955.
Dal 2000 è stato rilevato il marchio ed oggi le penne Conklin sono tornate sul mercato con riproduzioni dei vecchi e gloriosi modelli.



 

Il Crescent filler è basato sulla realizzazione di una particolare barretta di pressione su cui viene saldato un archetto metallico a forma di mezzaluna (da cui deriva il nome dato al sistema dal suo inventore).
L'archetto fuoriesce dal corpo della penna attraverso una fessura laterale praticata sul fusto della stessa.
Premendo sull'archetto si può comprimere direttamente il serbatoio ed effettuare così in maniera semplice e veloce il riempimento della penna stilografica.
Per evitare di premere accidentalmente il Crescent Filler le penne erano inoltre dotate di un fermo ad anello andava ad incastrarsi nella fessura sotto l'archetto, in modo che questo fosse bloccato in posizione aperta fuori dalla penna stilografica.
Quando era necessario caricare la penna bastava ruotare l'anello, tagliato su un lato, per portare la posizione del taglio in corrispondenza della fessura, in modo che l'archetto potesse scendere.
Il sistema era semplice ed efficace, e consentiva anche un caricamento migliore rispetto al successivo riempimento a levetta, in quanto si poteva comprimere completamente il serbatoio di gomma.
Nonostante la sua superiorità tecnica però, la sporgenza dell'archetto dal corpo della penna risultava parecchio sgradevole dal punto di vista estetico, e questo ne decretò l'inesorabile declino.

Mark Twain espresse le virtù di questo particolarissimo sistema di riempimento in una serie di pubblicità dove affermava: "I prefer it to ten other fountain pens, because it carries its filler in its own stomach, and I can not mislay even by art or intention"
Tradotto:La preferisco ad altre 10 penne stilografiche perchè si porta nella pancia il suo stesso caricatore, che quindi non posso perdere nemmeno con maestria o intenzionalmente.


-Match-Stick Filler

Il sistema di riempimento a fiammifero (o match-stick filler nella denominazione anglosassone), talvolta detto anche a stuzzicandenti è uno dei tanti sistemi ideati all'inizio del secolo per cercare di automatizzare il caricamento dell'inchiostro nella penna stilografica. In questo caso si trattava di comprimere il serbatoio di gomma attraverso l'uso di un fiammifero (o di uno stuzzicadenti o altro attrezzo analogo) che andava a premere, attraverso un foro praticato sul fusto della penna, sulla barretta di compressione.



 

I problemi di questo meccanismo erano per lo più collegati al fornire un adeguato posizionamento alla pressure bar.
Il sistema non era particolarmente robusto, né elegante, e supponeva comunque il possesso di un fiammifero, senza il quale risultava inutile.
A questo problema alcuni produttori avevano ovviato rendendo il fermaglio smontabile ed utilizzabile al posto del fiammifero, o creando una opportuna protuberanza sulla testa del cappuccio o utilizzando una qualche forma alternativa per fornire un adeguato pernio.

Il sistema pertanto risulta alquanto primitivo dato che nessuno aveva trovato una soluzione al suo problema più rilevante, quello per cui in caso di rottura del sacchetto di gomma interno, l'inchiostro poteva fuoriuscire dal forellino presente sul corpo della penna con le immaginabili poco gradevoli conseguenze.
Data la difficoltà,  sono state pochissime le penne stilografiche ad essere prodotte con questo sistema di caricamento.


-Coin Filler

Il sistema di riempimento denominato Coin Filler in ambito anglosassone (che da noi potremmo chiamare a moneta) è una variante del precedente sistema a fiammifero in cui al posto di quest'ultimo si preme direttamente sulla barra di pressione utilizzando appunto una moneta o una medaglietta o oggetto similare, spesso di forma ellittica per consentire una minore larghezza della fessura praticata sul corpo penna.
Anche in questo caso infatti la pressione viene esercitata attraverso una apertura laterale praticata sul fusto della penna stilografica.

Gli inconvenienti sono sostanzialmente gli stessi del precedente caricamento a fiammifero, leniti dal fatto che una moneta è un oggetto generalmente più comune e non occcorre essere fumatori.
Le maggiori dimensioni della fessura sul corpo rendeva però la penna stilografica meno elegante e più soggetta a problemi.
Spesso la fessura è identificabile rispetto al caso di una penna a levetta in cui quest'ultima sia stata persa, dalla presenza di un ulteriore foro rotondo centrale di dimensioni leggermente superiori a quelli della fessura.





Il sistema venne utilizzato anche da una delle aziende produttrici di penne stilografiche più importanti al mondo,la  Waterman che produsse penne con questo sistema tra il 1913 ed il 1914.
La scarsa praticità del sistema ne portò alla dismissione in meno di un anno, cosa che rende queste penne (che talvolta possono essere confuse con modelli successivi a levetta, ma mancanti della stessa) piuttosto rare.
Ma ancor più rare e molto ricercate dai collezionisti, sono le monete fornite insieme alla penna, dato che la maggior parte di queste andava persa.


-Pull Filler

Il Pull filler, chiamato anche Collar filler, è un sistema di caricamento che viene fatto risalire intorno al 1906, quando la Holland, allora ancora uno dei più importanti produttori di penne stilografiche, introdusse un modello che lo utilizzava.





Il sistema, chiaramente influenzato dal Crescent filler di cui costituisce in sostanza una alternativa, prevede la presenza di una barretta di metallo che copre una metà circa del diametro del corpo della penna stilografica, collegata internamente ad una barra di pressione posta sulla faccia opposta del serbatoio di gomma interno.
Tirando la barretta (chiamata collar, da cui l'altro nome del sistema) si comprime il serbatoio in gomma e si consente così il caricamento della penna. Come si può facilmente intuire il meccanismo è sostanzialmente analogo al crescent filler, con il vantaggio di sporgere meno dal fianco della penna, resta comunque non troppo gradevole sul piano estetico.


-Sleeve filler

Lo Sleeve filler, chiamato anche thumb filler è uno dei tanti sistemi di caricamento sperimentati all'inizio del '900, in particolare venne adottato dalla Holland intorno al 1905 e dalla Waterman che lo utilizzò dal 1910 al 1915. Questo sistema di caricamento si basa sullo spostamento appunto di un manicotto che fascia il fusto della penna per celare una apertura di grandi dimensioni praticata su un lato dello stesso. Spostando il manicotto, che protegge l'apertura, si ottiene un accesso diretto alla barra di pressione (su cui in genere veniva montato un pulsante a rilievo in corrispondenza dell'apertura) che può essere così premuta usando la punta delle dita.





La presenza del manicotto che fascia il fusto in corrispondenza all'apertura rende però non uniformi le dimensioni del corpo della penna, che quindi risultano spesso poco gradevoli dal punto di vista estetico. Inoltre si aumenta di molto la complessità meccanica della penna e la sua fragilità generale, essendo le penne di quel periodo realizzate in ebanite, materiale non particolarmente resistente agli sforzi meccanici. Per questo motivo questo sistema di caricamento ebbe una diffusione ridotta ed venne ben presto abbandonato.

Una seconda versione di questo sistema di caricamento, molto più sofisticata, venne adottata dalla LeBoeuf nel 1930. In questo caso non si aveva un manicotto, ma era l'intero fusto della penna (realizzato stavolta in celluloide) che poteva venire sganciato dal gruppo pennino, andando a scorrere su un cilindro interno realizzato in metallo, sul quale era di nuovo presente una apertura laterale per la pressione diretta sul serbatoio. In questo caso si era ottenuta un fusto uniforme di forma cilindrica che non presentava fessure, neanche per l'alloggiamento della levetta.

In una forma simile, almeno sul piano estetico, questo sistema di caricamento venne adottato anche dalla Parker per l'aerometric usato nella 51 (che però prevede pressioni multiple per la presenza di uno sfiatatoio), mentre un sistema sostanzialmente identico viene utilizzato ancora oggi da alcuni converter  come quelli delle penne stilografiche Pilot di fascia bassa.


Caricamenti a levetta

Il principio di questi sistemi di caricamento resta sempre quello della compressione, e successiva espansione per risucchiare l'inchiostro dalla bottiglia, di un serbatoio in gomma; valgono pertanto le considerazioni generali su vantaggi e svantaggi fatte nel paragrafo precedente. La sostanziale differenza è nel meccanismo con cui si effettua la compressione, comunque anche in questo caso si fa in genere ricorso ad una pressure bar rigida, premuta dal meccanismo della leva, per distribuire uniformemente la pressione sul sacchetto.


-Lever Filler


Il caricamento a levetta è probabilmente il sistema di caricamento più diffuso fra le penne d'epoca (ed è anche stato utilizzato, come forma di revival, da alcuni produttori moderni). Introdotto massicciamente sul mercato nel 1912 dalla Sheaffer, che ne ha sempre proclamato l'invenzione, è stato realizzato in innumerevoli varianti e versioni, molte delle quali, spesso tecnicamente inferiori, sono state create soltanto per poter aggirare il brevetto (nº US-896861) che copriva l'invenzione di Walter Sheaffer che origina al 1908.
In questi ultimi anni, Delta ha proposto numerose penne stilografiche in edizioni limitate con questo sistema di riempimento.



 

In realtà la progenitura della Sheaffer è posta seriamente in discussione; esistono infatti versioni precedenti di questo sistema di caricamento, un brevetto dello svedese Johansson del 1898 ed uno dell'americano Barnes del 1903, la presenza delle quali ha poi consentito ad altre aziende, come la Waterman, di utilizzare delle varianti dello stesso sistema. E' comunque senz'altro attribuibile ai massicci investimenti della Sheaffer il successo del sistema e la sua enorme diffusione.

Nel caso del brevetto della Sheaffer il meccanismo prevede l'applicazione della pressione al sacchetto utilizzando una leva che va a premere su una barretta metallica elastica (la cosiddetta spring bar) sagomata forma di "J", questa viene inserita nel corpo della penna con la parte curva verso il fondo in modo da fare aderire la parte diritta sul fusto della penna, in corrispondenza della levetta. In molti casi la pressione sul sacchetto non viene esercitata direttamente dalla spring bar, ma a questa viene agganciata ad una pressure bar che è quella che viene premuta contro il sacchetto.

In posizione di riposo la levetta viene alloggiata orizzontalmente in una fessura praticata lateralmente nel corpo della penna.
Nella versione originale di Sheaffer essa veniva mantenuta in posizione tramite un sottile perno metallico che la attraversava centralmente, inserito direttamente nel fusto della penna, che veniva traforato per l'occorrenza.
Sollevando la levetta da un lato l'altro lato spinge verso il basso la barretta di pressione, che così comprime il sacchetto.

Come accennato esistono numerose versioni diverse di questo meccanismo. La Waterman ad esempio, per eludere il brevetto della Sheaffer, introdusse, basandosi sul brevetto di Barnes, una leva imperniata direttamente all'interno di una gabbietta metallica che conteneva tutto il meccanismo. Questa a sua volta veniva fissata con delle alette alla penna stilografica, utilizzando come alloggiamento una apposita fessura laterale creata nel fusto.

Un sistema più efficiente, utilizzato in seguito da altri produttori compresa la stessa Sheaffer, prevede invece che la levetta sia mantenuta nella sua posizione tramite un anello metallico che la attraversa.
Questo viene inserito all'interno della penna e mantenuto in posizione tramite una apposita scanalatura praticata internamente sul fusto, in corrispondenza dell'apertura laterale da cui alloggia la levetta stessa.
Questo sistema presenta il notevole vantaggio di una maggiore robustezza meccanica, dato che non necessita di praticare fori per il perno nel materiale del fusto, che nelle penne in ebanite risultava spesso piuttosto fragile.

Altre variazioni del sistema attengono alle modalità con cui la levetta esercita la pressione sul sacchetto: ad esempio la Eversharp non utilizzava una barretta flessibile ma una barretta piatta con i lati ripiegati ad "U", ancorata su un gancio sul fondo della penna. La levetta era dotata sull'estremità esterna di due punte che andavano ad alloggiarsi nel binario ricavato dalla ripiegatura della barretta, in modo da risollevarla in posizione di riposo una volta effettuato il caricamento, inoltre per mantenere bloccata la levetta in posizione di riposo questa era dotata di piccole sporgenze che andavano ad incastrarsi in apposite rientranze create nella fessura di alloggiamento.

La Conklin con la Endura introdusse una versione del caricamento in cui soltanto la metà della levetta che veniva sollevata era esposta esternamente, riducendo le dimensioni della fessura di alloggiamento della stessa. Inoltre il meccanismo utilizzato dalla Conklin, come quello della Eversharp non utilizzava una spring bar, ma una barra di pressione era incastrata direttamente sulla levetta tramite due piccoli gancetti all'interno della stessa, che andavano ad incastrarsi in una apposito aggancio sulla barra.

Una ulteriore variante degna di nota del sistema è quella della Carter, derivata da un brevetto della De Witt-La France, che presenta una sorta di "guinzaglio" attaccato alla levetta che ne impedisce il ribaltamento una volta che questa ha raggiunto la posizione verticale, nell'ottica di evitare danneggiamenti alla penna stilografica ed al sistema.

Infine una particolare versione di riempimento a levetta è quello della Skyline della Eversharp, che potrebbe essere classificato anche fra i caricamenti a sfiatatoio.
In tal caso infatti all'interno del serbatoio in gomma si ha uno sfiatatoio, e la spring bar è molto corta e volta a comprimere soltanto la parte finale del sacchetto.
La penna stilografica  viene caricata ripetendo più volte l'azione di pressione con la levetta, usando il principio classico dello sfiatatoio. Analogo a questo, anche se realizzato in maniera completamente diversa, è l'Ink-Vue della Waterman.


Caricamenti a compressione meccanica del serbatoio:

-Button Filler

Il cosiddetto sistema a pulsante di fondo (più semplicemente button filler per gli anglosassoni) venne introdotto dalla Parker nel 1913.
Il sistema nasce dalla necessità di trovare una alternativa al caricamento a levetta della Sheaffer che non ne copiasse il progetto evitando così tutti i possibili problemi legali dovuti ai brevetti.



 

In questo caso il sistema prevede che la compressione del sacchetto di gomma sia effettuata attraverso una striscia di metallo flessibile (spesso chiamata "I-bar") che viene fatta incurvare premendola tramite un pulsante posto sul fondo della penna stilografica.
La striscia in posizione di riposo è diritta ed appoggiata su un fianco del corpo penna.
Sul lato inferiore essa viene posta a contrasto con il gruppo pennino (in certi casi viene creata una apposita rientranza sul corpo stesso).
Sul lato superiore essa fuoriesce, tramite una estremità incurvata, da un foro praticato sul fondo della penna stilografica, ed inserita all'interno di un pulsante metallico.

La pressione del pulsante fa sì che la barretta si fletta incurvandosi verso il centro della penna causando la compressione del serbatoio.
Anche in questo caso viene usata una barra di pressione per rendere più uniforme la compressione del sacchetto. Il sistema presenta il vantaggio di non necessitare di una fessura laterale sul corpo della penna.
Il fatto poi che l'accesso al pulsante venisse protetto tramite un fondello svitabile consentiva di affermare una maggior sicurezza rispetto alle perdite di inchiostro in caso di rottura del sacchetto, inoltre il sistema veniva promosso per la sua capacità di consentire il caricamento della penna anche con una mano sola.

In realtà oltre ai precedenti vantaggi, questo sistema presenta anche qualche svantaggio.
Anzitutto il sistema è più macchinoso e richiede un buon posizionamento della striscia flessibile, inoltre la capacità di riempimento è limitata, non potendo avere il pulsante una grande escursione, ed ottenendo pertanto una flessione, e conseguente compressione, limitata. Infine la pressione del pulsante richiede comunque un discreto sforzo.

Ciò nonostante il sistema ebbe un discreto successo e venne riutilizzato da vari produttori europei. In particolare una variante interessante è il push-knob realizzato dalla Montblanc, in cui il fondello stesso serve da pulsante.
Esso infatti può essere svitato parzialmente fino a portarlo in una posizione in cui viene agganciato il pulsante interno su cui è ancorata la molla metallica, premendo il fondello si effettua la compressione della molla ed il relativo caricamento della penna. Una volta completato il caricamento il fondello può essere riportato in posizione di blocco per evitare pressioni accidentali.

Un'altra variante è quella brevettata dalla Soennecken nel 1930, che prevede un pulsante di ebanite nascosto da un guscio ruotando il quale si può raggiungere il pulsante di caricamento ed azionarlo, mentre ruotandolo in direzione inversa questo viene riportato nella posizione originale, bloccando l'accesso al pulsante. Entrambe le varianti consentono di ovviare ad un altro non trascurabile problema della versione classica, che è la non trascurabile probabilità di perdere il fondellino svitabile.


-Twist filler

Come indicato dal nome, il twist filler o sistema di caricamento a torsione è basato sulla compressione del serbatoio attraverso l'esercizio di una torsione sullo stesso. In questo tipo di caricamento in generale il serbatoio viene realizzato non con un sacchetto, ma con un tubo di gomma la cui estremità posteriore è incollata al fondello del corpo della penna che può essere ruotato, in modo da generare la torsione che strizza letteralmente lo stesso.

Benché presenti alcuni vantaggi rispetto al tradizionale caricamento a levetta, come una maggiore semplicità meccanica ed il pregio dal punto di vista estetico di non necessitare di una apertura laterale sul corpo della penna, il principale difetto di questo sistema, che ne decretò il sostanziale insuccesso, era la maggiore facilità con cui il serbatoio in gomma poteva rompersi a causa del notevole sforzo imposto sullo stesso dalla torsione.

Il sistema è stato usato principalmente dalla Waterman che intorno al 1902 acquisì un brevetto (nº US-744642 attribuito a Harry W. Stone) ad esso relativo.

Altre aziende introdussero sistemi analoghi, o ispirati allo stesso principio della rotazione del fondo della penna per strizzare il serbatoio, come il leverless della Swan. Una versione molto particolare di questo tipo di caricamento è stata impiegata su un prototipo di penna della Nettuno mai commercializzata.


-Leverless

Il sistema di caricamento denominato leverless venne adottato dalla Swan nel 1932 per i modelli omonimi, ed il suo utilizzo era dettato principalmente da motivi estetici.
Si tratta in sostanza di una variante del caricamento a torsione in cui però il serbatoio è realizzato con un sacchetto di gomma come nel caricamento a levetta ordinario e la torsione comprensione avviene attraverso una barretta eccentrica ancorata al fondello della penna che in posizione di riposo resta laterale, la cui rotazione comporta una torsione applicata lateralmente al sacchetto con il relativo strizzamento.

Rispetto al caricamento a torsione la sostanziale innovazione introdotta dalla Swan fu quella di consentire una soltanto una rotazione limitata del fondello, marcato con delle frecce, e permette di evitare uno sforzo eccessivo applicato alla gomma del sacchetto. Il caricamento comunque ebbe un successo limitato ed è stato utilizzato soltanto da questa azienda, avendo in sostanza gli stessi problemi di fragilità del suo analogo ed una capacità di carica abbastanza ridotta.


-Switch Filler

Viene chiamata in questo modo, dalla forma del pomello che attiva il riempimento, il caricamento adottato dalla Pilot per la sua linea Super.
Si tratta, come si può evincere dal relativo brevetto (nº US-2871825) di un sistema basato sullo stesso principio del pulsante di fondo, in cui si effettua una flessione di una I-bar con l'azionamento di una sorta di interruttore posto sul fondo della penna.
Il sistema assomiglia molto al caricamento a levetta di fondo della Aurora, in particolar modo alla variante dotata di pallina utilizzata sulle Superna; a differenza di questo però l'azionamento viene effettuato rimuovendo il fusto della penna per accedere al meccanismo interno.


Si ringrazia infinitamente Simone Piccardi ( ideatore di http://www.fountainpen.it/Pagina_principale ) per le note storiche e Fabio Moricci (Il Pennaio) che ha gentilmente concesso l'uso dei suoi schizzi come base per la realizzazione degli schemi tecnici dei vari sistemi di caricamento.